Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
libro secondo, r,
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tiere loro proprio, dove era concesso di avere una chiesa, un bagno, un mulino, un forno, una piazza, in guisa che si reggessero con le leggi patrie, con magistrati propri, senza che gli ufficiali regj potessero minimamente intromettersi nelle loro faccende. La qual cosa equivaleva ad avere tante colonie quante erano le città obbedienti alla signoria de' cristiani.
Per tanti privilegi concessi, moltissimi furono i Veneziani che presero stanza nelle città d'Oriente. I Greci cominciarono a sentirne molestia, perocché gli occidentali ch'erano popoli più agguerriti, trattavano con dispregio i sudditi dello impero bizzantino dalla diuturna tirannide infemminiti e corrotti. E forse perchè gli oltraggi trascorsero agli estremi, Giovanni Comneno che allora regnava, comandò venissero fermate tutte le navi venete, che si trovavano ne' porti dello impero, fino a tanto che la repubblica rendesse ragione delle querele che provocava il contegno de' suoi cittadini. Il Doge Domenico Michiel che aveva espugnata la città di Tiro, assaltò Rodi, la prese ed abbandonolla all' ira ed alle devastazioni de' suoi. La stessa sorte provarono Scio, Samo, Andro e Miti-lene. Così sfogata la sua vendetta, il doge si ridusse nell'Adriatico, dove, tolte agli Ungheri le città di Spalatro e Trau, approdò a Venezia e poco dopo finì di vivere.
XL. Meno funesti al greco impero furono i Pisani, i quali vedendo di non potere sostenere la rivalità de' Veneti in Levante, ambivano a dominare le coste occidentali del mediterraneo. A que' tempi i Musulmani infestavano corseggiando il mare Tirreno, ed in ispecie Nazaredech re di Majorca metteva a ruba le rive della Francia e dell'Italia, menando seco schiavi quanti cristiani gli cadessero negli artigli. La fama narrava cose orrende delle condizioni di quegli infelici, che si diceva fossero oltre venti mila. Correndo l'anno 1113 nel dì di Pasqua gli abitanti di Pisa reeavansi in folla al tempio : lo arcivescovo inalberando la croce, profferì un eloquente e vigoroso discorso esortando il popolo a liberare i fratelli che gemevano nelle prigioni degl' infedeli. I vecchi che avevano già guerreggiato in Sardegna e toltala di mano ai Saraceni, plaudirono alle calde parole del pio sacerdote, e non restavano d'incitare alle armi i giovani ardenti di spirito guerriero,
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