Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
libro terzo.
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e Normanni. Nel tempo medesimo Roberto di Capua e altri baroni pugliesi, fuggenti la collera di Ruggiero, scongiurarono Federigo'gli ajutasse a riacquistare le perdute terre, inanimandolo a combattere il Normanno aperto nemico dell' impero.
Il Barbarossa, che, come or ora diremo, erasi proposto con ambizione o boria più che cavalleresca di raddrizzare i torti non solo di Alemagna e d'Italia, ma di tutta l'umanità, promise al papa e ai fuorusciti di Puglia, avessero pazienza per qualche anno che farebbe apparecchi a vendicarli. Era suo intendimento calare in Italia, poiché — ci sia concesso ripeterlo—la potestà imperiale, qualora non veniva fatta segno agli scherni de' liberi popoli, era nulla finché l'imperatore con un poderoso esercito non avesse valicate le Alpi a farla riconoscere anche dalle città amiche. Ma il fatto che accelerò la venuta di Federigo fu questo.
Nel mese di marzo 1153 egli aveva ragunata una dieta in Costanza, ragunanza solennissima fra quante ne avevano tenute i suoi predecessori. Innanzi alla porta della chiesa cattedrale fu inalzato upo splendido trono, sul quale era scritta a grandi lettere in colori vermigli la seguente epigrafe:— Ogni uomo che si senta gravato dal proprio capo, sia conte, sia barone, sia re, accorra e gli sarà fatta giustizia — fra i re nominati v' era' anche il re d'Inghilterra. Pareva che fosse allora la voga delle monarchie universali, ovvero che Federigo vedesse la maestà dello impero calpestata dalla Chiesa per colpa degli antecedenti imperatori, e divisasse rialzarla scimmiottando la vastità delle idee del settimo Gregorio. La pretesa era per lo meno stolta; ma tale non pareva a Federigo, che avendo l'istinto di regno, sapeva tutte le imposture del regnare, fra le quali sono efficacissimi gli spettacoli e i paroloni alto-sonanti; nè a quei popoli, vigorosi di spirito guerriero e di barbarie che s'inorgoglivano dell' orgoglio del loro capo, potevano sembrare esagerazioni e stravaganze. Federigo sedè per tre mesi su quel trono di giustizia. Lo circuivano, tutti armati, il re di Boemia gran giustiziere, gli arcivescovi di Treveri e di Colonia arcicancellieri, e lo arcivescovo di Magonza protonotaro dell' impero. I chiedenti
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