Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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storia dei comuni italiani.
condo giustizia, e comandò che ciascuna parte dicesse le proprie ragioni. Alle accuse de' querelanti risposero i consoli di Milano Oberto dell'Orto e Gherardo Negro, uomini per senno e carità cittadina riputatissimi.
La discussione servì a chiarire Federigo delle condizioni delle parti in Lombardia: dacché mentre Pavia era sostenuta dalle sole città di Cremona e Novara, oltre Como e Lodi che ne pativano il giogo; per Milano parteggiavano Crema, Brescia, Piacenza, Asti e Tortona. Onde il principe, pensando essere mestieri avversare la fazione più forte, spenta la quale, tornavagli agevole domare la più debole, si consigliò di favorire Pavia, ed a questo line, sciolta la dieta, diresse tutte le sue azioni. Fece tosto comandamento di posare le armi e consegnargli i prigioni fatti scambievolmente da Pavia e da Milano nelle ultime guerre; liberò i primi, tenne gli altri come ostaggi, dopo di avere dichiarato a Oberto e Gherardo di fare giustizia ed accettata la promessa di quattromila marche d'argento in dono, e di mille in annuo tributo, che i Milanesi gli offersero.
IV. Volendo recarsi a Novara richiese gli stessi consoli milanesi lo guidassero con lo esercito a traverso del loro territorio. I consoli indicarono la via più diritta e spedita, che passando per Landriano, Trecate e Bosate, menava al ponte sul Ticino. Gli abitatori di quelle contrade temendo la furia soldatesca, che passando a guisa d'uragano non aveva carità nè anche alle cose sacre,1 era fuggita precipitosamente re-
1 Di ciò aveva (iato spaventevole saggio sul primo entrare in Italia : e i guasti furono tali che Federigo fece raccogliere delle oblazioni e le mandò ai vescovi di Trento e ad altre chiese. Per ovviare a questi ed altri disordini nella seconda calata in Italia, innanzi d' assediare Milano promulgò la seguente legge militare chiamata la Pace del Principe:
n Statuiinus, et firmiter observari voluinus, ut nrc miles, nec scrviens Iitem audcat movere. Quod si alter cum altero rixatus fuerit, nenter dehet vociferaci signa castroruni, ne inde sui concitentur ad pugnam. Quod si lis mota fuerit, nemo debet arcurrere cum armis, gladio scilicet, laurea, vel sa-gittis : sed iudutus lurica, sento, galea, ad litem non portet nisi fustem, quo dirimat litem. Nemo vociferabitur signa castrorum, nisi qnaerendo hospitium suoni. Sed si niilex vociferatione sigili litem commoverit, auferetur ei omne suum barnascha, et ejicietur de cxercitu. Si scrvus fuerit, tondebitur, verbe-rabitur, e in maxilla comburctur , vel dominus suus redimat cum cum omni suo barnascha.
Qui aliquem vulneravit, et hoc se ferisse negaverit, tunc si vulncralus
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