Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
2ÓGstoRIa dei comuni italiani.
significare la sua gratitudine; se non che sperava la coscienza retta, la vita scevra di colpe e il buon volere gli valessero di merito agli occhi loro. E fidente nella propria coscienza era pronto a porgerne prova parlando senza timore e schiettamente il vero, comecché fosse certo che ciò dovesse spiacere a quanti erano ingannati dal proprio desiderio e in esso ostinavansi. La dignità, riputazione e fortuna loro eransi fino a quel giorno mantenute in alto, i loro gloriosi fatti avevano reso attonito il mondo, perocché era noto a tutti Milano avere con l'autorità sua sostenuti molti regnatori, e molli altri averne cacciati dal trono.1 Ma perché ogni cosa soggiace allo imperio della fortuna, la quale non secondo ragione ma a libito cieco esalta e prosterna le cose mortali, ora che essa cominciava a proceder loro nemica, ei reputavasi tenuto a consigliarli di cedere e seguire la vicenda di quella. Consentiva anch'egli con quanti andavano dicendo: la libertà essere inestimabile tesoro, e glorioso il morire difendendola, e quel popolo il quale una volta si sobbarchi al giogo e vi si accasci, diventare inetto a scuoterlo; ma dovevano rammentare come fosse legge imposta fatalmente dalla provvidenza, agli uomini non meno che agli altri animali, che il debole ceda al più forte; e però chiunque resiste alla potestà costituita resiste al volere di Dio; dal che manifesto emergeva che la città ostinandosi a resistere allo imperatore resisteva a Dio stesso. Confessava essere cosa durissima dopo di avere gustate le dolcezze del vivere libero piegarsi al giogo e mordere il freno. Ma finalmente dovevano consolarsi considerando che non s'inchinavano innanzi a piccola potenza, ma ad un imperatore nobile e grande. Rammentava come i padri loro fossero stati migliori
1 Radevico parlando da'Milanesi dice le seguenti parole: • Turriuni proceritati, non tarn ut aiiae civitates , student ; nam in multituiline et fortitudine tani soa qu.ini sibi confederataru.il civitatuin conlidentcs , impossibile arbitrati sunt a quo[,oaiii reguin sen imperatorum suani civitatem posse rlauili obsidione. Unde factum est ut civitas liaec inimica regibus ab antiquo fuisse dicatnr, liac usa temeritate. ut seinper rcbellionnni priucipibus suis inoliens, schisinole regni gauderct, et geminurum potius domiiioriim, quam iinius super se juste rcguaotis affectaret principalnm , ipsa levi* et ulriusquo riilens furi lina m, noe in tute, nec in illa parte (idem haberet. » Lib. I, c. 55. Ivi in prova ili quanto asserisce rimanda il lettore a Locprando scrittore delle coso lombarde.
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