Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO TERZO.
del nuovo insulto ricevuto, ma in cuor suo dannò Milano ad essere onninamente distrutta; e affettando, com'era suo costume, di procedere in modo giuridico, mentre si stava nel castello di Marmica citò i ribelli a presentarsi al suo cospetto. Mandarono oratori, i quali sentendosi chiamare violatori dei patti giurati, risposero intrepidamente : esser vero che avevano giurato, ma non erano tenuti a mantenere la fede a chi aveva prima commesso lo spergiuro.
In tal guisa affaccendandosi sempre a porre in basso i governi popolari, trovò l'impresa ageyole in varie piccole città a lui devote ; .nelle grandi, anche nemiche a Milano, suscitò sospetti, e gittò i semi di quel sentimento che addormenta ne'deboli i vecchi rancori, e crea la concordia necessaria a congiungerli tutti per comune salvezza contro l'oppressore. Nelle città a lui ostili trovò intoppi di varie ragioni, e non sempre li vinse o per poco. Comandò ai Piacentini di sfasciare lo mura della città loro; promisero d'obbedire, ma non obbedirono. Provossi anche con Crema — e ne aveva avuto quindicimila marche d'argento dai Cremonesi — ma quivi il popolo insorse e poco mancò che i messi imperiali non vi lasciassero la vita. Tentò medesimamente i Genovesi pria richiedendoli della flotta, come aveva fatto coi Pisani, onde bene stabilire in Corsica e in Sardegna il dominio imperiale — giacche considerava quelle isole come proprietà dell' impero, mentre il papa ne aveva disposto come suoi feudi — e nulla ottenne. Oltredichè Genova era rea di non avere mandati i suoi consoli all'ultima dieta di Roncaglia. Il Barbarossa gli aveva intimati con apposite lettere, comandando che dessero anch' essi ostaggi come li avevano dati gli altri comuni, e pagassero le nuovo tasse allo impero. E non rispondendo essi allo invito, mosse contro Genova le milizie che gli rimanevano ; ma accostatosi ai confini del Genovesato, gli si fecero incontro gli ambasciatori del comune, protestarono della buona amicizia e fedeltà verso il capo dello impero, gli dissero dovere essere esenti dal pagare i tributi imposti alle altre città del regno, poiché grandi erano le spese che Genova sosteneva a lutelare i lidi dallo invasioni e dai ladronecci de'corsari. E sia che diressero assai bene le loro ragioni, sia che egli non
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