Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO TE11ZO.
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mente. E già erano trascorsi otto giorni d'inutili sforzi ; non v' erano macchine, non astuzie di guerra che valessero ; per la qual cosa fu appiccato fuoco alla chiesa di Santa Maria del Lavoriere, che per essere contigua alla basilica, avrebbe impauriti i difensori e costretti alla resa. Così difatti avvenne. Poco dopo, giunto l'antipapa, officiò solennemente in San Pietro e cinse lo imperatore del cerchio d'oro, insegna del patriziato. Due giorni appresso lo ricoronò insieme con la moglie Beatrice. Federigo era padrone di Roma ; se non che papa Alessandro, appena caduta la basilica vaticana nelle mani de' Tedeschi, dal palazzo lateranese erasi riparato nelle case de'Frangipani presso il Colosseo. Lo imperatore, o che non fosse agevole lo espugnare quel fortissimo edificio, o che volesse, come era sempre suo costume, far pompa di giustizia, propose ai Romani che ove essi inducessero Alessandro a rinunziare spontaneamente, egli avrebbe costretto Pasquale a fare altrettanto, in modo che rifacendo con le debite forme una nuova elezione, lo eletto dal popolo sarebbe approvato da lui, e cosi, cessato lo scandaloso scisma, ei riceverebbe i suoi diletti Romani nella sua grazia imperiale. I Romani accolsero la proposta ; pregavano, insistevano che il papa cedesse ; ma questi rispondeva : essere legittima la sua elezione; nessuno avere il diritto di farlo scendere dal trono papale, tranne Dio solo, che ve lo aveva inalzato. II popolo mormorava a tanta ostinazione. Alessandro si vide in pericolo, e cominciava a smarrirsi fra tanta vertigine di eventi, quando su per il Tevere giunsero due grosse galere che gli spediva con assai danari il giovine Guglielmo II di Sicilia detto il Ruono, succeduto al Malo, suo padre. Al pontefice i nunzi del re normanno parvero angioli di letizia ; onde egli senza indugio, facendosi precedere da due cardinali che imbarcaronsi sulle galere siciliane, travestito in compagnia degli altri, uscì cautamente da Roma ed arrivò a Terracina, quindi passò a Gaeta ed infine a Renevento.
I Romani come seppero la fuga del papa cominciarono a sparlarne, accusandolo qual sola e precipua cagione degli infiniti mali che Roma e la chiesa pativano per la colpevole ambizione di lui. Ciò che nel cervello del papa e nella ricostituzione del papato era giustizia, nelle teste de'Romani era ini-
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