Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
330 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
correre arriva al premio bramato. Se, sostenendo con pazienza i tormenti delia fame, seguiterete a combattere valorosamente, il mondo vi saluterà croi immortali. E venendo a patti col cancelliere che ne sperate ? Ei li manterrà sì, ma fino a tanto che, tornandogli agevole soggiogare il popolo disarmato e senza sospetto, possa impunemente violarli. Che sperate voi? È prete, e non abborrirà dallo spergiuro. Non vogliate adunque porvi la serpe in seno, il lupo nell'ovile, non vogliate associare l'adultero alla vergine. Imperocché —• lo so per pruova, l'ho veduto con gli occhi miei — non fu mai schietta concordia tra Tedeschi e Italiani. Vi rammenti della grandissima città di Milano; Federigo imperatore coi Lombardi a lui fidi 1' assediò sette anni. Non potendola in nessun modo espugnare, la ebbe a patti ; ma spergiuro alla santità della fede, distrusse mura, torri, monumenti, case, ogni cosa, e partì in quattro miseri borghi quella nobile cittadinanza. Ah ! che sarebbe lunga ed amarissima storia narrarvi quanta d' allora in poi sostennero jattura i Milanesi nelle sostanze e nelle persone: moltissimi perfino cercarono rifugio in terra di Saraceni, e non sono ritornati mai più alle materne contrade. La sciagura dei Milanesi vi sia dunque esempio di salute; e considerate, dilettissimi miei, che se il fuoco ha consunto il legno verde, che non farà esso mai del secco? Voi m'intendete abbastanza. Orsùl siamo ridotti agli estremi, e non ò più tempo d'indugio; un solo giorno, una sola ora, un momento perduto potrebbe esserci fatale. Su ! raccogliete danari assai e mandate fuori deputati ad assoldare uomini e formare un esercito; e se vi verrà fatto d'averlo, la patria ò salva. Se no : gettate in mare tutte le vostre ricchezze ; usciamo tutti fuori ad ammazzare gl' inimici e lasciarci da loro ammazzare, poiché ò cosa meno trista morire in guerra, più presto che vedere lo spettacolo della città distrutta, ed imprimere sulle nostre fronti la macchia d'obbrobrio sempiterno. » 1
1 Contro il nostro costume, abbiamo riferita questa orazione (traducendola quasi verbalmente dal libro del Uoncompagno, elle potè averla se non composta di suo, almeno raffazzonata secondo le leggi della sua rettorie.! dacché egli fu il primo a professare rettorica nella Università bolognese)
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