Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
358 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
la pace con la chiesa, e la tregua col re siciliano e coi Lombardi. E gettando via le candele, disse con voce tonante: » E come spengo queste candele, così privo della eterna visione di Dio le anime de'violatori del trattato. » Così sia! gridò allora Federigo; e così sia! ripeterono a coro tutti gli astanti.
LV. Gli accorsi a Venezia partironsi. La gioja lampeggiava sopra i volti di tutti, ma in taluni nasceva dal cuore ed era vera, in altri era simulazione o necessità. Gioiva il papa, che aveva raccolto l'utile maggiore da tanta serie lunga e portentosa d'eventi; 1 gioiva Federigo Barbarossa che acquistava tempo a rifarsi del danno toccatogli, ma insieme fremeva di vedersi per una catena lunga di sciagure costretto alla ignominia di patteggiare con coloro che avevano tremato e dovevano tremare ad un solo suo cenno. Non gioivano i Lombardi, che dalla sempre memoranda vittoria speravano frutti maggiori e più stabili, e nondimeno rimanevano nel pericolo di ricominciare più duri travagli ; e si suppongano quanto si voglia fidenti nel proprio valore e nelle forze proprie, non potevano non abborrire le sciagure della guerra; imperocché tutti i popoli, qualora non siano selvaggi e ladroni per campare la vita,bramano per istinto di natura i tranquilli diletti della pace.
I deputati delle città tornarono alle case loro. Il papa sopra le galere de' Veneziani s'imbarcò e prese terra a Si-ponto, donde si condusse in Anagni. Conclusa la pace, ed abbandonati dallo imperatore, i Romani conobbero esser tempo di riconciliarsi col pontefice. Mandarongli quindi una amba-
1 Talnni scriltori, rinnegando il pensiero italiano , e seguendo le false e barbare dottrine di quegli stranieri ai quali torna utile ristaurare il medio evo, giustificano il codardo abbandono ebe Alessandro fece do'Lombardi, e dicono il capo della cristianità come padre universale non potere respingere i resipiscenti e i pentiti dal seno della chiesa , e quindi non potere far guerra a nessuno: le medesime ragioni della troppo logica , ma infame Enciclica di Pio IX, del 23 aprile 1848. Verissimo} ma per astuzia o stoltezza , chiudono gli occhi ad una mostruosità politica, e confondono due questioni che posano aopra principi essenzialmente diversi. Erano gl* inebriati del 1848; ma gli eventi del 1849 paiono ordinati dalla Provvidenza a far cessare i funesti sofismi, seppure l'orgoglio letterario e politico è disposto a piegarsi alla evidenza del fatto, eliti sola vale a richiamare al vero il popolo 'traviato dalle cinr. meric degli Scribi e dei Farisei, gente maledetta da Cristo.
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