Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

Pagina (395/593)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

      UDRÒ QUARTO.
      VI. In modo diverso da quello de' due comuni sopradescritti, esplicavasi l'ordinamento politico interiore di Vene-nezia. Quivi era un misto di potere, dirò così, momentaneo del popolo e di potere dispotico permanente nel governo; la quale cosa faceva che la pubblica prosperità progredisse, e lo stato non si sfasciasse. 11 popolo soleva eleggere liberamente il doge, ma questi non aveva quasi punto confine allo esercizio della potestà sua. Nominava i pubblici ufficiali, faceva guerra o pace, anche spinto dal suo proprio interesse soltanto, convocava, a suo arbitrio, a parlamento i cittadini, i quali si reputavano liberi solo perchè potevano insorgere e cacciarlo dal trono, bandirlo, e perfino ucciderlo. E difatti fino all' anno Il72 in cui seguì la riforma che or ora esporrò, di cinquanta dogi che avevano retta la veneta repubblica, vale a dire da Paolo Anafesto a Vitale Michele II, nove erano stati deposti dal seggio ducale, cinque accecati e cacciati in bando, cinque uccisi, e nove costretti ad abdicare. Ciò fa supporre la città in istato di perenne perturbazione; e, nonostante, il suo commercio si estendeva per tutto l'Oriente fino agli estremi lidi del mar nero, e la sua potenza consolidavasi con nuove conquiste in Italia e in Levante. Il solo reggimento interiore difettava. I cittadini desideravano ricostituirlo dalle fondamenta, e non v'erano potuti riuscire; ma una ingiustizia popolare, dopo tante che con tanta frequenza erano seguite, commessa mentre la cittadinanza era accasciata sotto la pubblica sciagura, fece nascere il bene, e rifece il governo veneto a un dipresso nella forma in che si mantenne poi sempre fino alla caduta della repubblica.
      Mentre Vitale Michele II teneva il dogato, lo imperatore Manuele Comneno, volendo ingannare ad un'ora i Normanni di Sicilia e i Veneziani, fallitogli il disegno, ruminava sinistri disegni a danno della repubblica. Il doge, temendo che la greca perfidia non danneggiasse la potenza veneta negli stabilimenti che aveva numerosissimi nelle maggiori città marittimo dello impero greco, richiamò tutte le navi e i cittadini che trova-vansi in Levante. Manuele spedì senza indugio una flotta in Dalmazia e si rese signore di alcune città soggette alla repubblica, e nel tempo stesso apriva negoziati offerendo ai Vene-


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

   

Storia dei comuni italiani
Volume Primo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1864 pagine 591

   

Pagina (395/593)






Vene-nezia Paolo Anafesto Vitale Michele II Oriente Italia Levante Vitale Michele II Manuele Comneno Normanni Sicilia Veneziani Levante Dalmazia Vene-