Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
3'JOSTORIA DEI COMUNI ITALIANI.
ziani libertà di tornare e ripigliare i loro traffichi in Oriente. Il popolo che sentiva forte il detrimento dello cominciate ostilità, mormorava contro il doge; al quale fu forza revocare gli ordini dati e deporre ogni pensiero di vigorosa e pronta aggressione. Le navi venete quindi cariche d'uomini e di ricchissime merci ritornarono in Levante; ma vi erano appena arrivate allorquando lo imperatore, togliendosi la maschera, comandò che venissero confiscate, mentre tutti i Veneti furono presi e gettati in prigione. Pervenuta la nuova a Venezia, il popolo levossi a tumulto, corse al palazzo ducale chiedendo con immani schiamazzi quella guerra eh1 esso aveva riprovata allorché il doge voleva opportunatamente farla. In poco più di tre mesi cento venti navi sopraccariclie d' uomini e d'ordegni guerreschi salparono da Venezia; e riacquistate le città della Dalmazia, entrarono nell'Arcipelago. A Negroponte il governatore in umili sembianti fattosi innanzi al doge, protestò a nome del suo signore, che la severità con che erano stati trattati i sudditi della repubblica, era nata da un abbaglio, e che
10 imperatore era pronto a riparare ogui torto. Vitale, mosso dalla astuta eloquenza del greco, mandò oratori a Costantinopoli e condusse la flotta a Scio per isvernare.
Mentre il Comneno con mille arti studiavasi di trarre in nuovi inganni i Veneziani, e per ciò temporeggiava a concludere , la peste aveva invasa la flotta. I soldati e i marinaj morivano a migliaja; gl'infelici guerrieri, disperando della impresa, chiedevano di ritornare a Venezia, il numero loro era tanto scemato che il doge fu costretto a far bruciare non poche navi perchè mancavano gli uomini per condurle. Nel viaggio la mortalità e i disastri crebbero tanto che della formidabilissima flotta solo diciassette legni si ridussero a Venezia.
11 loro arrivo sparse lo sgomento e la disperazione nel popolo, poiché non era famiglia di qualsivoglia condizione che non avesse a deplorare la perdita di qualche congiunto. A cotanto danno seguì altra più grave sciagura. Il contagio recato dalla flotta produsse nella città stessa una violentissima peste, la quale in brevissimo tempo fece miseranda strage della popolazione. E come suole in simigliami casi avvenire, la inferocita moltitudine irruppe contro il palazzo ducale; e mentre
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