Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LllìUO QUARTO.
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matrimonio d'Enrico, ne difendeva gl'interessi, e riuscì a formare una fazione : ma non sostenne 1' opposizione di Matteo cancelliere, il quale, essendo capo di quella che dicevasi parte nazionale, chiamò Tancredi conte di Lecce, e lo fece incoronare nel duomo di Palermo, annuente il pontefice, che, massime dopo le devastazioni fatte da Enrico nelle terre della Chiesa , abhorriva dal congiungimento della corona siciliana colla germanica. Tancredi era tiglio della contessa di Lecce e del primogenito del re Ruggiero, dal quale non essendo stato riconosciuto quel matrimonio, il conte veniva considerato illegittimo. Nondimeno, giunto il pericolo della straniera dominazione, ogni formalità fu messa da parte innanzi al tiene pubblico, e il discendente del sangue normanno fu con quasi universale acclamazione inalzato al trono de' suoi padri. Rivale di Tancredi in Puglia era Ruggiero conte d' Andria, quel desso che da Guglielmo II era stato mandato ambasciatore al congresso di Venezia; od ora non potendo ottenere per sè la corona, sconvolse, il paese e incitò ad un tempo Enrico di Sve-via a calare nel regno, e togliere dalle mani dell' imperatore lo scettro da Guglielmo lasciato in retaggio a Costanza. Alla quale i baroni del regno in Troia, città della Puglia, avevano giurato fedeltà come a sola legittima erede de' principi normanni. Lo Svevo si fece precedere da Enrico Testa, che scese con un numeroso esercito. Ma costretto ad assediare lungamente la città d' Arriano, vedendo consumare le milizie dalle infermità e dall' ardenlissimo solo d'agosto, sgombrò dal reame, lasciando continuare la guerra al conte d'Andria, che dopo alcuni fatti d'arme, preso dal conte della Cerra cognato di Tancredi e capo delle inilize regie, fu morto.1
Allora Enrico con altro esercito valicò le Alpi insieme con la consorte. Gli tardava di giungere a Roma per ricevere la corona imperiale. Mandò nunzii al pontefice pur dianzi eletto, che assunse il nome di Celestino III. Stabiliti i patti, lo imperatore entrò in Roma con le milizie il dì dopo della consecra-zione del papa, giurò perpetua fedeltà alla Chiesa, assentì ad abbandonare all'ira del popolo romano la città di Tuscolo —
1 Giaunono, Storia Cicile del llcgno di Napoli, libro XIV.
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