Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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STORIA diCI COMUNI ITALIANI.
scemati o quasi onninamente tolti Aia gli ostacoli alla impresa del regno, con un nuovo esercito ri valicò le Alpi. Pervenuto in Genova e calmate le dissensioni in quella città — suscitate dai crociati che, reduci da Terra Santa, eransi indignati per avere trovato senza lo assenso loro mutato l'ordinamento politico del comune —rinnovò le pompose promesse, e persuase i cittadini a mandare una grossa armata nelle acque della Sicilia. Da Genova passò a Pisa, richiedendo parimenti soccorsi navali a'Pisani, ai quali 1'anno precedente aveva riconfermati i privilegi, esteso il territorio, e promesso mezze le citta di Palermo, Messina, Salerno e Napoli, e tutte Gaeta,Mazzara e Trapani, e in ogni altra terra dell'isola e della penisola franchigie assai e d' ogni specie pei mercatanti. I Pisani mandarono dodici galere, che andarono a congiungersi con la flotta genovese capitanata da Uberto d'Olevano potestà di Genova. Enrico, ottenuti tali soccorsi da' due comuni marittimi, traversando la Toscana, giunse nel regno, dove le città, 1' una dopo l'altra, e anche Napoli, s'arresero o gli apersero le porte e gli giurarono fedeltà, tranne Salerno, la quale tentò di resistere temendo lo imperatore, sdegnato per avere i Salernitani posta la imperatrice nelle mani di Tancredi, non li punisse severamente. Ma fu vana ogni resistenza. L' irato principe poi che l'ebbe espugnata, abbandonolla alle sue milizie, che rapidamente la saccheggiarono e ne trucidarono gli abitatori, de'quali i campati alla strage furono da lui sepolti in fondo alle prigioni, o cacciati perpetuamente in esilio. Domata la Puglia, corse le Calabrie, dove tutte le città gareggiarono per acclamarlo, e valicato il Faroj approdò a Messina che gli aperse le porte nel tempo stesso che vi arrivarono lo navi de'Genovesi e de' Pisani, i quali aspettavano che il trionfante imperatore mantenesse loro le ripetute promesse.
Da Messina iTedeschi, capitanati dal gran siniscalco Mar-qualdo, procedendo lungo la costa orientale dell'isola, giunsero a Catania. Vinte le milizie siciliane, dalle quali quella città fu valorosamente ma indarno difesa, l'oste alemanna la pose a sacco ed a fuoco, senza riverenza nè anche dello chiese, e fece prigioniero il vescovo con altri molti cospicui cittadini. Lasciatovi un presidio, Marqualdo andò a ricongiungersi
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