Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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STORIA DICI COMUNI ITALIANI.
nuo inquisire sulla vita passata di quanti cittadini non fossero volgo, onde punirli crudelmente anche col solo pretesto di essere stati protetti o beneficati da' Normanni. In Palermo intanto fu forza cessare dalla strage, ma seguitavasi a profferire le sentenze, e le malarrivate vittime erano menate in Puglia a guastare. Nè a tanta immanità mostravasi sazia la portentosa arsione di sangue che assetava il trionfante principe. Ne rimase profondamente contristato l'animo della imperatrice Costanza, la quale, vedendo con efferati modi devastare il florido regno de'suoi padri, diccsi mandasse nunzi al pontefice invocandolo intercessore. Il capo della Chiesa, spedì un legato apostolico ad esortare Enrico alla clemenza; ma la tigre regia non volle rinunziare alla inebriante voluttà del sangue; anzi la frenetica ferità lo spinse a infuriare anco coi cadaveri fino a disseppellirne le ossa e spargerle al vento, e strappare da quelle di Tancredi e di Ruggiero le corone.
Ai principi tedeschi largì ricchissimi doni, a taluni concesse feudi e titoli illustri.
XXIX. Udite adesso in clic guisa rimunerò i suoi alleati italiani.
Mentre le navi de' Genovesi e de' Pisani erano ancorate in Messina, scoppiò tra loro una terribile zuffa, nella quale parecchi marinari di Pisa furono feriti, altri morti. I compagni assaltarono il fondaco e le case de' Genovesi e le posero a ruba e trassero molti prigionieri. Tutti i Genovesi si raccolsero, corsero alle galere pisane, ne circondarono tredici trucidandone tutta la ciurma e i soldati. Marqualdo, chiamati i suoi militi alle armi, uscì fuori e chetò il tumulto facendo giurare i contendenti a rendere, gli uni agli altri, il maltolto e pacificarsi. I Genovesi obbedirono; ma quo'di Pisa, fidenti nel favore di Cesare, trascorsero a nuovi insulti. Le galere di Genova quindi si partirono da Messina, espugnarono Siracusa, e volevano piantare il gonfalone del loro comune sopra quella città già loro concessa da Enrico. Lo impedì il capitano, dicendo essere convenevole chiederne l'assenso allo imperatore ; il quale loro rispose seguitassero a ben condursi che ei manterrebbe le promesse dopo d'avere pienamente conquistata la Sicilia.
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