Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO QUARTO.
4-27
suprema della vita umana. I nostri antichi vivevano — mi si conceda la frase — poco di corpo, molto di mente, moltissimo di cuore. Poco curanti del futuro, o più propriamente, incapaci di calcolare l'utile certo del domani, attenevansi vigorosamente all'oggi. Le loro paci, le colleganze si dichiaravano perpetue, ma erano congegnate in modo da avere efimera durata. Tutti i membri d'una lega imponevano qualche patto personale che non solo ostava allo scopo supremo di quella, ma poteva al minimo pretesto mandarla sossopra; spesso e quasi sempre verso una città o un potentato, nemico comune della lega, qualche membro di essa riserbavasi il diritto di non muovergli contro, odi ajutarlo. Di cotesto difetto non andava esente la Lega toscana, che anche sopra la lombarda, è la meglio immaginata di tutte. Io non so se avrebbe acquistata tanta importanza quante volte, poco dopo la sua istituzione , la Provvidenza non le avesse dato a capo un pontefice, che, riconcepito il vasto disegno di Gregorio VII, nell'esplicarlo, per quanto la natura stessa delle cose lo consentiva, spinse i comuni d'Italia a nuove glorie e a nuove sciagure.
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Lega Provvidenza Gregorio VII Italia
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