Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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storia dei comuni italiani.
derigo, rampollo d'una famiglia perpetua nemica loro, e rappresentante naturale de' Ghibellini. In tutta l'Italia quindi per questo innaturale mutamento era un arruffìo d'uomini e di cose da non potersi ridire ; sì che quando anche la Chiesa e lo impero, aspiranti a preponderare e quindi in perenne inimicizia tra loro, avessero avuto schietto intendimento di concordare, tale concordia non era fattibile. Imperciocché la lunga tenzone tra i due principii aveva creato nello città tutte , e perfino ne'più piccoli borghi, condizioni tali che nè papa, nè imperatore, nè potenza umana nessuna, poteva improvvisamente mutare. Perchè si abbia una qualche idea di siffatto stato di cose sarebbe mestieri svolgere i volumi de'cronisti, che negli anni di cui parliamo narrano innumerevoli guerre, scaramucce, risse, litigi, accesi per frivolissime cagioni, e talvolta senza cagione visibile, tra città e città, tra cittadini d'una terra stessa, tra signori spodestati tendenti ad usurpare l'autorità civile, tra liberi comuni e feudatarii imperiali o papali ; narrano numerose leghe fatte, disfatte, mutate, e rifatte, ma durevoli non mai; quell' irrequietudine, insomma, e mi si conceda il vocabolo, quel perpetuo brulichìo di popoli che ce li fa immaginare come gente che, vedendo scatenarsi il turbino, viene e va a guisa di mare in tempesta. 11 sacerdozio quindi e lo impero erano sostenuti da partiti che in effetto esistevano, ma nello universale rimescolamento erano dispersi; ed era perciò necessario a ciascuno raccogliere, sceverare, e riordinare i suoi per creare la forza collettiva, che disgregata nuoce, invece di giovare.
XX. Federigo adunque scrivendo lettere piene di ossequio e d'affetto al papa, e di benevolenza al senato ed al popolo di Roma — e'pare che, morto Innocenzo, il senato si fosse ricostituito, e Federigo nella incoronazione voleva evitare una lotta simile a quella eh' era successa ad Ottone per avere spregiato il popolo romano — esortandoli all' obbedienza verso il sommo pontefice, domandava la corona. Onorio gli rispondeva querelandosi per avere egli, rompendo i patti giurati, fatto eleggere re de' Romani e di Germania il suo figlio. Ma l'imperatore fece credere al pontefice di tenerne sospesa la esecuzione finché non avesse ricevuto lo assenso della sedia
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