Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
libro quinto.
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lega era ridotta a soli quattro comuni. Ma Piacenza e Bologna non potevano comunicare con Milano e Brescia perchè tutte le vie erano loro intercette dalle milizie imperiali. I confederati si videro a mal partito. Cominciarono le pratiche di pace. Ma agli oratori Milanesi, che erano andati ad offerire fedeltà ed obbedienza, Federigo, non ascoltando i consigli de'suoi famigliari e della stessa sua figlia naturale Violante, rispose volere la città senza patti; così richiedere l'onore dell' Impero. Gli altri allegando di non potersi fidare d' un principe che aveva tante volte violata la fede, dichiararono voler più presto morire in battaglia che sulle forche; ed alteramente si partirono.
Rinforzato lo esercito con nuove milizie, eh' egli nel verno decorso era andato a cercare in Germania, il dì terzo d'agosto andò a Rrescia e la cinse di strettissimo assedio. Gli apparati erano formidabili sì che qualunque altro popolo, che non fosse stato il bresciano, avrebbe innanzi di inacerbire lo sdegno, implorata mercè: mangani, trabucchi, gatti, arieti, e d'ogni generazione macchine belliche, e immenso il numero de' combattenti d'ogni arma. Ma i Bresciani non iscuoraronsi, sostennero per oltre a due mesi l'assedio, — infamato da crudeltà simili a quelle di cui aveva dato esempio in Crema Federigo Barbarossa1 — distrussero molte torri di legno poste dagli inimici attorno le mura, finché nella notte del 9 ottobre, cheti e guardinghi uscirono di città e piombarono improvvisi sopra i Tedeschi che, avvinazzati e non tementi di nulla, giacevano immersi nel sonno. Dopo il fatto narrato sperare la resa di Brescia sarebbe stata insania; lasciare che i Guelfi, giovandosi dell' assenza delle milizie ghibelline, risollevassero il capo in tutte le città era perigliosa imprudenza. Sopraggiungeva inoltre il verno. Federigo quindi reputò savio partito ardere le macchine e ritirarsi a Cremona. 11 papa e gl'Italiani non lo giudicarono accorgimento di arte militare, ma smacco e quasi sconfitta. L'esercito imperiale perdè l'ardore; Federigo fu costretto a scioglierlo. I precipui cittadini di Padova intanto col marchese d'Este e con Jacopo da Car-
1 Vedi addietro, paj. 273.
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