Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
libro quinto. 5 il)
ino. Ritentò nondimeno ottenere pace dalla Chiesa; e a tal fine richiese la intercessione dal re di Francia. San Luigi, il quale aveva pur allora ricevuto da lui copiosi soccorsi di vettovaglie, che tra tanti disastri lo salvarono dalla penuria, supplicò Innocenzo; lo scongiurò parimenti la madre del re: ma nulla ottennero.
Con la vigoria dell'animo, dopo trenta anni d'inenarrabili travagli, Federigo aveva perduta quella del corpo. Verso la fine del 1250 trovandosi in Ferentino, castello di Capitanata, fu colto da violentissima febbre, e dopo alquanti giorni, ricevuti per mano dell' arcivescovo di Palermo gli estremi conforti della religione, spirò implorando da Dio quella pace in cielo che gli era stata negata dal suo vicario in terra. Per testamento, a Corrado re de' Romani lasciò lo impero e gli stati ereditarii degli HohenstaufTen; ad Enrico altro suo figlio il regno di Gerusalemme o quello di Arles; a Manfredi suo figliuolo naturale il principato di Taranto ed alcune altre contee. Ove morissero privi d'eredi i due figli legittimi, succederebbe Manfredi, il quale fino alla venuta di Corrado in Italia sarebbe balio, ovvero reggente del regno. Ordinò si rendessero, senza lesiono de' diritti dello impero, le terre tolte alla Chiesa romana; si desse libertà ai prigioni, tranne ai convinti di crimenlese; le pubbliche gravezze si riducessero quali erano ai tempi di Guglielmo II; il suo corpo fosse trasportato e sepolto accanto alle ossa do' suoi genitori nel duomo di Palermo.
Cosi nel cinquantesimosesto degli anni suoi chiudeva il suo mortale pellegrinaggio un principe, a cui la storia b mestieri conceda il nome di grande, come gli avrebbe dirittamente concesso quello di benefico al genere umano, e all'Italia in ispecie, se ostacoli, quanti non attraversarono mai gii sforzi generosi di regnatore alcuno, non fossero sorti per costringerlo a retrocedere dalla gloriosa mèta alla quale egli aspirava. La natura a pochi mortali largì con uguale profusione tante insigni doti di mente e di corpo, quante ne diede a Federigo II. Ardire, franchezza, coraggio, vastità di mente, vivezza d'immaginazione, prodigiosa memoria, attitudine ad ogni egregio studio, ad ogni arte utile o leggiadra, magnani-
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