Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      aLIBRO SESTO. "17
      fice, testimone del caso, gli promettesse di testificare contro ogni accusa d'assassinio — previde che i suoi nemici ne avrebbero fatto argomento per rovinarlo. Spronò quindi il cavallo, e non senza avere corso qualche grave pericolo in Capua, giunse alla Cerra, città soggetta ad un suo cognato.Ma avendo da Galvano Lancia, suo oratore presso la curia papale, ricevute lettere che lo esortavano ad allontanarsi da quel luogo, ed essendogli stato negato da Innocenzo un salvocondotto ch'egli aveva chiesto per andare a giustificarsi dello appostogli assassinio, uscì dalla Cerra e per vie mcn frequentate giunse dinanzi alle porte di Lucerà ; perocché altra speranza più non gli rimaneva che porsi in braccio de' Saraceni, ed aspettare il proprio fato. Era quella città stata singolarmente beneficata da Federigo II; munita di mura, di baluardi, e di torri fortissime, era circondata di ridenti giardini e di maestosi boschi, che a' suoi sessantamila abitanti non facevano desiderare le perdute delizie della Sicilia. Giovanni il Moro, amato tanto dallo imperatore e inalzato ai più alti uffici dello Stato, s'era mantenuto fermissimo nella fede verso gli Ilohenstauffen. Ma come s'accòrse che per la morte del re Corrado e le vittorie delle armi papali, la fortuna della casa del suo signore era prostrata sì da non potersi più rialzare, fatto accordo col pontefice, erasi recato alla corte di lui per ricevere la investitura de' suoi feudi. Nella sua assenza aveva affidata la città ad un certo Marchisio, il quale, obbediente agli ordini di lui, non apriva le porte a nessuno sì di parte Guelfa the di parte Ghibellina.
      Arrivato adunque Manfredi sotto le mura della città, nel cuore della notte, e con una pioggia che cadeva giù a torrenti, la scolta dette il segno, e gli armati che vegliavano accorsero agli spaldi. Come ei si fece riconoscere, i Saraceni, compresi di riverenza ed animati di subito entusiasmo, atterrarono le porte e lo misero dentro la terra portandolo in trionfo. Quando Marchisio uscì fuori per acchetare quello che a lui pareva un tumulto, non era più tempo, e il popolo lo costrinse a scendere da cavallo e piegare il ginocchio dinanzi al diletto figliuolo del loro imperatore. Manfredi si sentiva riavere da morte a vita.


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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