Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      unno SESTO.
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      giunse, e gli fece prigioni. Secondo il reo costume del diritto delle genti, a que' tempi, egli voleva fare suo prò di quella ricchissima preda e negoziava intorno al prezzo del riscatto; ma minacciato dallo ammiraglio di Carlo, consegnò i prigionieri, e in prezzo del sangue ne ebbe un feudo nel regno. Arrigo di Castiglia, chiesto asilo allo Abate di Monte Cassino, veniva preso e consegnato allo Angioino; comecché taluno affermi che l'Abate per non incorrere, egli sacerdote, nella irregolarità canonica patteggiasse che il tradito non sarebbe posto a morte.
      Il campione della fede cattolica romana trionfava, come colui che non credeva quasi agli occhi suoi stessi vedendosi nelle mani l'ultimo rampollo della potentissima casa sveva, il quale, benché fanciullo e colpito dal tremendo anatema papale, era bastevole a turbargli il sonno. Carlo era frenetico di gioia;1 e il buon pontefice mentre sermonava in una chiesa di Viterbo, rapito subitamente in estasi, con grande meraviglia degli astanti, esclamava: Correte,correte alle strade a prendere i nemici di Santa Chiesa che sono sconfitti e morti. — E il santo vecchio per la gioja insaniva, secondo che narra uno storico di -que'tempi, a Santa Chiesa e a parte guelfa devotissimo, ma onesto ed integerrimo cittadino.2
      XXVI. Udite adesso la giustizia del campione di Santa Chiesa. Per colorire convenevolmente il lugubre quadro farebbe mestieri il terribile pennello di Tacito, il quale dipingendo con que' suoi tocchi gagliardi e pieni di vita le turpitudini degli Dei terreni, insegna assai più morale e cittadina sapienza di quello che facciano i filosofi vaganti su per gl' interminati campi dell' astrazione. Ma comecché non sia nostro ufficio notare tutti gli argomenti con che il re angioino, —adopero il vocabolo della snaturata odierna diplomazia — pacificava il siciliano reame, lo scopo supremo del nostro lavoro richiede che se ne faccia brevissimo cenno.
      Nel castello di Genzano erano centotrenta prigioni. Carlo in prima comandò che a ciascuno di loro fosse tagliato un piede
      1 Vedi !a sua epistola a Clemente , presso Marlene e Duraud, Thesaur. Vtler. A necci., T. II.
      2 G. Villani, lib. VI, cap. 28.


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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