Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUiNI ITALIANI.
      e una mano; ma meglio ripensando, ordinò che venissero rinchiusi dentro una casa di legno, ed arsi tutti in massa. In Gallipoli fece strage di molti baroni. In Potenza istigò la plebe a macellare tutti coloro eh' erano in voce di parteggiare per Io Svevo. In Corneto fu visto l'orribile spettacolo di una torre coronata di cadaveri; erano tutti cospicui personaggi e valorosi guerrieri ghibellini fatti impiccare da' ministri di Carlo. Costoro gareggiavano di ferocia col loro signore. Era sempre un inquisire, un perseguitare, un inventare ed apporre delitti a chiunque fosse in sospetto alla dominazione angioina. Quindi innumerevoli gli ammazzamenti, le spoliazioni, le distruzioni di case, di castelli, di città intere. Soprattutto per rendersi più accetti al padrone sovrano, arrovellavansi il cervello per trovare nuovi modi di tormentare, e di ammazzare, e di distruggere. Guglielmo lo Stendardo era stato da Carlo mandato in Sicilia a pacificare le città ribelli. Aveva varcato lo stretto di Messina con una coorte di feroci provenzali, cui si aggiunsero non pochi Siciliani. Le città cedevano, nè il mostrarsi obbedienti le liberava dal saccheggio, dalle devastazioni, dagli stupri, dalla morte. Gli abitatori d'Agosta, città sorgente lungo il mare tra Catania e Siracusa, col soccorso di dugento cavalieri toscani, ostinavansi con intrepido ed ammirando valore nella difesa. Nò il capitano di Carlo avrebbe forse avuta sì presto nelle mani la terra, ove sei traditori non gli avessero aperta una porticciuola. E fu strage oltre ogni immaginare atrocissima. Ma l'ira dello Stendardo non era anche paga. Il sangue bevuto gli aveva accresciuta la sete. E fatto addurre al suo cospetto un gran numero di cittadini in catene, comanda al carnefice di macellarli. Costui tronca tante teste, che in fine gli cadono giù le braccia spossate ; a rinfrancarlo gli fa tracannare ampii nappi di vino, e quegli compie l'opera esecranda. E il prode ministro di Carlo, col segno della croce sul petto e con un tesoro d'indulgenze nell'anima, vedendo tutti quei capi tronchi e brutti di sangue eh' egli aveva fatto accatastare lungo la marina,non rimanendo forse nessun uomo vivo nella sventurata città, sopraffatto d'ineffabile gioja, forse esclamava: Ora ho bene meritato del mio signore ! — Lettore, torciamo lo sguardo da queste orride ed esecrabili pitta-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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