Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      STORIA DEI COMUiNI ITALIANI.
      tata sopra i Guelfi, e conclusero volere l'amicizia del re, ma abborrire dalla signoria di lui, e di qual si fosse altro principe. Ma perché i popoli mancavano d' un capo, cessato quel primo fervore, e seguitando Carlo, per mezzo degl'innumerevoli ministri della sua ambizione, a brigare, a corrompere, a sedurre, in pochi mesi indusse varie città e perfino la stessa Milano ad averlo per signore.
      XXIX. Ma un grave accidente sopraggiunse e gli fece interrompere la intrapresa via, e rivolgere altrove lo intendimento. Benché le crociate fossero in discredito, il buon Luigi di Francia, non domo da' passati disastri, non voleva scendere nel sepolcro senza avere ritentata la impresa contro gli Infedeli. Nel luglio del l'270, accompagnato da numeroso stuolo di baroni, e da parecchi principi stranieri, s'imbarcò con poderosissimo esercito, ed approdò alle coste della Libia presso Tunisi. Carlo non avendo potuto trovare onesta scusa al rimanersi, aveva promesso di raggiungerlo; ma indugiò tanto che sotto le vampe estive in quel caldissimo clima l'oste cristiana fu assalita da una feroce pestilenza che tolse la vita a moltissimi cospicui personaggi ed al re stesso. Carlo vi giunse, assediò Tunisi e costrinse quel re a chiedere pace, ed a pagargli una grossa somma di denaro e un annuo tributo. Così tradendo le speranze de' Cristiani, che intendevano per la via d' Egitto ridursi in Palestina, quasi irridesse al loro religioso zelo, s'imbarcò colle sue milizie alla volta della Sicilia. Era presso al porto di Trapani allorché di subito il naviglio fu assalito da una ferocissima procella che spinse i legni a rompere contro la spiaggia. Il tesoro conquistato in Tunisi andò perduto: ma il religioso principe con rapacità inaudita, rapacità eh' egli pretese giustificare allegando una vecchia costituzione del re Guglielmo, confiscò le navi—che per la più parte erano genovesi — e i beni de'naufraghi, e gli cacciò via, miseri e nudi, da'suoi Stati.
      E perchè la Chiesa rimaneva ancora priva del suo pastore e la discordia de'cardinali poteva tornargli pericolosa, Carlo non soggiornò lungo tempo nel regno, ma andò a Viterbo. A nulla giovarono le sue pratiche, né gli sforzi del nuovo re di Francia che v'era andato col medesimo fine. Ambidue par-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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