Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO SESTO.
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sorti d'una grande battaglia, e nelle pianure d' Asciano furono rotti, lasciando sul campo molti morti, e in mano degli inimici quattromila prigioni. Sopraggiunto il verno, le armi posa-ronsi.
Pisa era sgomenta e tumultuava. I più savi affermavano esser mestieri cedere ai tempi, demenza ostinarsi nella devozione allo impero, innanzi tutto doversi badare agi' interessi del loro commercio. I reggitori della cosa pubblica, punto ¦scuorati, badavano a prepararsi per sostenere a primavera una più vigorosa aggressione. Scavarono un profondo fosso lungo otto miglia dall'Arno all'Era, e lo munirono di steccati e bertesche. Ma tutti i loro ingegni a nulla valsero, perchè, riprincipiate le ostilità, lo esercito guelfo cacciava da que' ripari i Pisani, e procedeva direttamente verso la città, la quale potè campare dalla rovina solo per intercessione del papa. Sulla cattedra di San Pietro sedeva Innocenzo V, il quale sebbene amico a Carlo, volle che la scandalosa guerra finisse, e lo indusse a porre lo scioglimento della contesa nelle sue mani. I legati del papa e gli ambasciatori del re comparvero nel campo della lega e stipularono : libero ai Fiorentini il commercio nello emporio pisano ; richiamati dal bando i fuorusciti ; rese le castella ai Lucchesi ; il potestà e gli altri ufficiali del comune di Pisa da eleggersi dal papa, il quale sarebbe arbitro d'ogni litigio fra le parti, imponendo una grave multa ai disubbidienti. Gli eserciti si sciolsero. I Gherardeschi, i Visconti, gli Upezzinghi ed altri esuli tornarono alla patria, e il reggimento fu riformato a modo guelfo. Ne' cinque mesi nei quali Clemente sedò sul trono pontificio, gl'intestini tumulti di Genova furono sedati, gli esuli tutti co'Grimaldi e coi Fieschi ripatriarono, e il Comune fece tregua con Venezia.
XXXIII. Alla morte di Gregorio X, Ottone Visconti rifattosi d'animo, e procacciatosi nuovi alleati tra i Ghibellini che ramingavano per le varie terre lombarde, si studiò di conquistare con la forza la propria sede. Nello spazio di pochi mesi tre papi erano saliti sul trono, e scesi nella tomba. A Clemente V, successe Ottobuono dei Fieschi, che si fece chiamare Adriano V ; ed a lui Giovanni XXI di nazione portoghese. L'arcivescovo Ottone e Gottifredo conte di Langusco, capi
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