Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      71 STOIUA DEI COMUNI ITALIANI.
      (lamento (li smungere quanto più potessero, e con quanti modi più efficaci sapessero, danaro dai ricchi e da'poveri. I feroci esattori andavano attorno armati, riscuotendo le imposte; a chi non pagava prendevano robe, masserizie, animali, strumenti agricoli ; disfacevano case, e incatenando i miseri debitori con collari di ferro, che recavano sempre appesi agli arcioni, e trascinandoseli inumanamente dietro, e gridando: — pagate, pagate, paterini1 — li gettavano in carcere. Ma Carlo perchè con tale efferato procedere non conseguiva il suo fine, eh' era quello d'accumulare pecunia, ordinava che i ricchi e i magistrati municipali pagassero al fisco quel tanto dovuto da'contumaci, e poi si rifacessero con quei modi che credessero opportuni. Coniò una moneta nuova detta carlino, alla quale diede il valore degli augustali di Federigo II — comecché fosse di pregio molto inferiore — e guai a chi ricusasse di riceverla come tale ; gli toccava in pena avere la fronte suggellata con la stessa moneta arroventata. Torna quasi impossibile enumerare tutte le gravezze con che la dominazione di Carlo opprimeva i popoli. Si cerchino per entro alle rozze e semplici cronache del medio evo tutte le generazioni di balzelli, che, di proprio arbitrio, principi grandi e piccoli imponessero mai sopra i sudditi, si raffrontino alle estorsioni di Carlo, e veggasi se ci fu mai tiranno che avesse immaginativa, come quella dello Angioino, feconda a trovarne di nuovi. Il commercio era spento, le arti languivano, le braccia erano inerti al lavoro, tutte le sorgenti, già sì feconde d'opulenza alla Sicilia, erano esauste. Il despota s'era proposto —e gli era venuto fatto — di ridurre i Siciliani, da circa dugento anni assuefatti alle franchigie delle grandi monarchie feudali, ad uno ammasso di genti, secondo la espressione francese, da taglia e da corvata.2 1 Siciliani gemevano, fremevano,
      1 o Solvite, solfile, paterini. n Tulle le incredibili en or mezze di Carlo d' Angiò e de' ministri suoi, sono calorosamente raccontate in una lettera , dopo il Vespro, scritta al Papa e al sacro Collegio. Fu pubblicatu dj Michele Amari nella Guerra del Vespro Siciliano, Appendice, Doe. VII. Alla quale opera , scritta cou grande studio e grandissimo amore di patria, è mestieri eli' io rimandi i miei lettori , ove volessero formarsi più ampio concetto delle condizioni della Sicilia a quei tempi.
      2 II popolo in Francia ni lieti tempi della monarchia di diritto divino si definiva: gens taillablei et corvéables.


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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