Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBRO SESTO.
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      maledivano la vita, invocavano la morte come un benefìcio, finché la misura de'mali fu colma, e la disperazione infondendo improvvisamente un poco d'animo in que'petti straziati, bastò una sola scintilla per accendere uno incendio, il quale si propagò con irresistibile moto per l'isola tuttaquanta a rendere attonito il mondo, e lasciare tale ricordanza nella storia, che i tiranni ne impallidiscano e tremino sul trono.
      E' pare che nella primavera del 1282, Carlo ardendo di muovere con tutte le ragunate forze verso Costantinopoli, comandasse ai suoi ministri nuovi rigori per la pronta riscossione delle imposte. Per la qual cosa costoro si sfrenarono ad immanità che parrebbero fole da romanzo se non venissero confermate da testimonianze scevre d'ogni sospetto. Narrasi che nella settimana della passione di Cristo, parecchi di loro irrompessero nelle chiese, dove raccoglievasi mesto e devoto il popolo a commemorare que' giorni santi, e mettessero profanamente le mani addosso ai debitori, e li traessero al carcere. Reggeva Palermo Giovanni di San Remigio Giustiziere di Val di Mazzara. La città tenevano in continuo terrore parecchie fortezze, munite di numeroso presidio e di abbondanti vettovaglie. Gli stranieri insolentivano scevri di timore e di sospetto. Ora avvenne che l'ultimo dì di marzo, lunedì dopo la Pasqua di Resurrezione, il popolo, secondo un antico costume, accorresse alla chiesa di Santo Spirito. Sorge questa chiesetta a mezzo miglio della città in amena campagna irrigata dal fiume Oreto. Quivi il popolo, per obliare un poco i mali che lo martoriavano, tripudiava all'alito vivificatore di primavera. Mentre i Palermitani stavano spensieratamente abbandonati alle gioie della danza, de'conviti, de'canti, sopraggiunsero gli sgherri del Giustiziere sotto pretesto di mantenere l'ordine. Il loro aspetto avvelenava quella gioia innocente ; ma i cittadini sopportavano e tacevano. E quelli, secondo la loro rea natura, mostrandosi più insolenti, si misero a dar noia con le loro lascivie alle donne. Vi fu chi li consigliò ad andarsene. Gli sgherri tolsero ad insulto tale ammonimento, e figgevano irati e torvi gli sguardi sul popolo, ed eruttavano sconcezze e villanie. I Palermitani non se ne stavano, e ricacciavano imperterriti gli occhi sopra gl'insolenti;


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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