Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      11*2 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      per la impresa di Costantinopoli. 1 magistrati volevano mantenersi leali al re, e a tal fine avevano mandato un piccolo naviglio contro la ribelle Palermo. Il popolo fremeva e minacciava. Eriberto accentrò i suoi soldati nel Castello di Mata-grifone e nel palagio, e minacciava. 11 dì 28 aprile il popolo levossi a tumulto gridando : Morte ai Francesi, morte a chi li vuole 1 — e correndo per la città, ne ammazzò quanti non ebbero tempo a riparare nel castello. Il dì dopo fu gridato il reggimento a comune, furono creati i magistrati, spediti ambasciatori a Palermo, richiamate le galere, che i Palermitani, ingiuriosamente provocati, non avevanovolutooffendere, dicendo: essere cosa esacranda i fratelli combattere contro i fratelli.
      Ad Friberto, perchè nè anche un solo palmo di terra siciliana fosse più oltre contaminato dalla presenza dello straniero, furono profferte condizioni di resa, fra le quali era quella che, imbarcatosi co' suoi, se ne tornasse diritto in Provenza. Accettò, ma a mezzo lo stretto rivolse la prora verso la vicina Calabria ; per la qual cosa i Messinesi fecero ai soldati pagare la pena del tradimento di lui. In tal guisa entro un mese tutta Sicilia, già caduta in tanta abbiezione che pareva una terra di schiavi colla mente istupidita, obbedienti alla verga del guardiano e incapaci di muoversi, rinacque a nuova vita, e compì il più maraviglioso fatto che la storia registri negli annali del secolo decimoterzo, che pure sono ripieni di fatti maravigliosi. Ne rimase attonita tutta la cristianità, lo raccontarono gli scrittori, chi con lode, chi con biasimo; ed oggi-mai, i Francesi in ispecie, non lo rammentano senza esecrarlo. Ma Io storico severo, che giudicando de'fatti, guarda la ragione de'tempi e dell'indole umana, nel riprovarlo usa parole di compatimento, ed esortando gli uomini alla giustizia, alla pace, allo amore fraterno — fine supremo del consorzio civile — e muovendo dallo assioma che Dio concesse all' uomo il diritto della propria conservazione, insegna che la tirannide non va discussa, ma assassinata in tutti i modi e con quelle armi che la fortuna pone in mano agli oppressi.
      XL. A Carlo in Viterbo, dove ei si stava a muovere papa Martino come un fantoccio, giunse la nuova della tremenda strage de' suoi in Sicilia ; fremè di rabbia, ma allo insuspicato


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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