Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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colpo invilì alquanto; e narrano gli storici, che da quel religioso principe ch'egli era, si volse al cielo esclamando: Sire Iddio, dappoi t'è piaciuto di farmi avversa la mia fortuna, piacciati che '1 mio calare sia a petitti passi.1 — Senza indugiare un istante ritornò a Napoli dove seppe la ribellione di Messina ; ed allora tremò davvero, e misurando la grandezza dello evento, si rivolse a cercare aiuti in ogni parte; scrisse al re di Francia perchè gli mandasse il conte d'Artois con buona schiera d'armati; fece che papa Martino lanciasse la scomunica contro chiunque osasse favorire i ribelli; e si pose a raccogliere sulla estrema punta di Calabria rimpetto a Messina tutte le formidabili forze di terra e di mare, già ragu-nate per la guerra contro il Paleologo.
Gli ambasciatori mandati da' Siciliani alla corte papale, comecché da accorti e dignitosi uomini trattassero il negozio, nulla ottennero. Il papa voleva non patti proposti da'ribelli, ma piena sommissione all' oltraggiato sovrano, e pronto ritorno al grembo della Chiesa. A tal fine mandò suo legato in Sicilia il cardinale Gherardo da Parma.
A Carlo infrattanto giungevano genti dalle città guelfe della Italia libera, le quali si radunavano insieme con le milizie feudali del regno a Cafona, e in tutto formavano un esercito di circa quindici mila cavalieri, sessanta mila fanti, e dugento navi. I Messinesi non rimanevano inerti ; sapevano la potenza del re, ed aspettavansi d'essere poderosamente assaliti ; conoscevano per mille prove la sanguinosa e implacabile indole di lui, e non potevano sperare nè riconciliazione, nò perdono; non era dunque luogo a esitare, bisognava difendersi fino a morte. Per la quale cosa, non ancora calmato quel primo entusiasmo che nelle rivoluzioni di popolo inebbria gli uomini e scompone ogni cosa senza nulla ricomporre, rifortificano la mal munita città, chiudono con catene ed altri ingegni la bocca del porto dove rimane gran numero delle navi del re provigionate per la impresa di Costantinopoli; devastano gli ameni giardini, disfanno le ville e i più miseri abituri intorno alle mura, perchè non se ne giovi il nemico: tutti vegliano alla salute della città, giovani, vecchi, donne,
1 Villani, lib. VII, cap. 62.
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