Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
tando seco al mondo di là, la letizia di avere non solo resistito al potentissimo esercito francese, ma d' averlo costretto a ripassare i Pirenei recando in Francia non la trionfante bandiera, ma la vergogna della sconfitta e il cadavere del proprio re, morto il dì sesto di luglio a Perpignano nella dolorosa via della fuga.
Qui lascio per sempre la Sicilia, la quale, raffermatasi sotto Federico, figlio di re Pietro e fratello dello sleale e vigliacco Giacomo, la dinastia aragonese, rimessa su la costituzione normanna, cominciò a vivere una vita sua propria, non partecipando in veruna guisa alle sorli degl' italici comuni. Fra questi, innanzi tutto, richiamano la nostra attenzione Genova e Pisa, che dopo lunghe e varie guerre, senza che all'una fosse riuscito annientare la potenza dell'altra, combatterono una battaglia, la quale dopo il Vespro Siciliano deve reputarsi il più gran fatto del secolo decimoterzo.
XLV1I. I loro rancori, tenuti sempre vivi dalla rivalità marittima, ora esasperavansi, ora si abbonacciavano ; ma, come avvenne in antico di Roma e Cartagine, pace non poteva essere fra esse che agognavano a distruggersi. Entrambe erano in prospere condizioni, entrambe popolatissime e libere, allorquando nel 1282 occasione o pretesto alle nuove ostilità fu la Corsica dove ambedue dominavano. Sinoncello, giudice ovvero signore di Cinarca, provincia infeudatagli tredici anni innanzi dai Pisani, aveva riconosciuta la sovranità feudale de' Genovesi, ai quali erasi poi ribellato per riconoscere di nuovo la dominazione di Pisa, ed aveva fatto edificare presso al porto di Bonifazio un castello, d'onde usciva a pirateggiare. Genova vi avea mandato una squadra. Le milizie sbarcatevi assaltarono le schiere di Sinoncello, il quale pienamente sconfitto, era fuggito a Pisa. Quivi poco dopo giunsero gli oratori di Genova, i quali, appresentatisi dinanzi al Consiglio, chiesero che il comune desistesse dal soccorrere un pirata, e lo consegnasse nelle loro mani. I Pisani dissero manderebbero la risposta a Genova. E di fatti i loro ambasciatori recarono Pisa aver debito di proteggere un suo vassallo. Lo condussero quindi in Corsica, ed egli co'fanti e i cavalli prestatigli da' suoi protettori ricuperò tutte le terre e castella toltegli
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