Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
cosa gradì oltre ogni credere il' conte Ugolino* il quale aspirando alla tirannide della patria, vedeva di poterla con lo aiuto de' Guelfi più agevolmente signoreggiare, priva come era delle braccia e del senno de'suoi migliori cittadini. Fallite le pratiche con Genova, i Pisani caddero in tanto sconforto, che, nella insania della disperazione conferirono al Conte illimitata dittatura sulle cose civili e militari, dandogli il nome di capitano del Popolo per dieci anni. Per il trionfo del nuovo capo de'Cucili alla Lega parve avere vinto senza lunga guerra. La pace fu di leggieri conclusa, primamente coi Fiorentini i quali ne ebbero i castelli di Santa Maria in Monte, Fucecchio, Castelfranco, Santacroce, Monte Calvoli e Pontedera. Lucca e Genova brontolarono di questo accòrdo che consideravano come una defezione che i Fiorentini facevano dalla Lega : ma Ugolino acchetò i Lucchesi cedendo loro Viareggio, Bientina e Ripafratta. Quindi egli, cacciate dalla città le precipue famiglie ghibelline, rimase solo signore; se non che gli fu forza associarsi al governo il nepote Nino di Gallura, capo naturale de' Guelfi ; e per consolidarsi dette nuovo ordinamento al Comune. Allora ne'nuovi statuti* predominò manifestamente lo elemento popolare, il quale, non ostante la non mai interrotta preponderanza e le tradizioni ghibelline, non era mai mancato affatto nelle leggi e istituzioni preesistenti. Imperocché Pisa, essendo città marittima, non era mai stata oppressa da quella tirannide feudale che funestamente pesava sopra parecchie altre terre dove alcun tempo prevalse la fazione de' nobili.
Ugolino tentò anco o simulò di pacificarsi con Genova, e vi spedì oratori ad offrirle il forte di Castro in Sardegna per riscatto de' prigioni. Ma questi valorosi, come seppero delle pratiche, mandarono deputati a Pisa protestando contro il vigliacco trattato ; dicevano di volere piuttosto restare in perpetua cattività che essere al Comune cagione della perdita di una fortezza la quale,era chiave de'possedimenti pisani nel-l'isola ; ove i consoli ciò facessero verrebbero severamente puniti da quegli stessi prigionieri appena la fortuna li avesse tornati liberi alla patria. Il Conte più che ogni altra cosa te-
1 Vedi il Brere Pisani Comuni» , «vii Breve Pisani Populi del I28C>, Ms. nella Biblioteca della Università di Pisa,
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