Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      me va, come di sopra notammo, il loro ritorno; nondimeno, incitato ostinatamente da tutti, riprese le pratiche, e proposte nuove condizioni meramente pecuniarie, ad accettare le quali gli stessi prigioni spedirono deputati a Pisa, e non essendovi ragione alcuna per ricusarle, fece che contro la pattuita tregua alcuni corsari sardi aggredissero le navi genovesi, e le pratiche di nuovo tornarono vane. Ma tali evidentissimi segni di tirannesco arbitrio, furono bastevoli a provocargli contro una micidiale procella. L'armonia che in sulle prime parve regnare tra il Conte divenuto fautore de' Guelfi e Nino da Gallura capo naturale di quelli, poco dopo si ruppe. Frattanto i Ghibellini, i quali, poiché gli ebbe indeboliti, il Conte stu-diavasi di piaggiare, cominciarono a rifarsi d' animo e porsi in condizione di tentare nuove cose. Erano capitanati da Rog-gieri degli Ubaldini Arcivescovo della città, il quale con ogni accorgimento studiavasi di rovinare Ugolino e il nipote ; simulò di coliegarsi con l'uno a' danni dell' altro ; e siffattamente conseguì la fiducia di Ugolino che lo persuase ad allontanarsi da Pisa con le sue genti, onde non fosse creduto partecipe della cacciata del Visconti. Appena Ugolino si ridusse fuori della terra, fra' Ghibellini fu un agitarsi, un affaccendarsi, un ardore di chiamare il popolo alle armi e mutare il reggimento. Nino ne ebbe paura, e sollecitato indarno il ritorno dello zio, se ne andò anche egli co' suoi fedeli a porsi in sicuro nelle castella della campagna. Partitosi Nino, l'Arcivescovo non ebbe più ostacolo per mandare ad esecuzione il proprio disegno. Fatte chiudere le porte, si fece gridare potestà e capitano del popolo, e ne andò solennemente al pubblico palazzo.
      Ugolino, al quale era giunta la nuova della fuga di Nino Visconti, si mosse alla volta di Pisa con mille uomini armati. Ma alle porte lo ingresso non fu consentito che a lui solo, il quale pensava ciò essere provvedimento dello Arcivescovo per impedire ogni attentato di Nino. Giunto in palazzo protestò come egli essendo stato eletto solo e libero al reggimento, fosse deliberato di mantenervisi tale. Accorse gran folla di gente ; seguirono violenti alterchi e tumulti. Il Conte si ritrasse alla propria magione. La dimane nella ragunanza del generale consiglio lo Arcivescovo intimò al Conte di rinunziare


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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