Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

Pagina (103/507)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

      71
      STOIUA DEI COMUNI ITALIANI.
      senza poterne uscire per tutto il tempo del loro ufficio che durava due mesi. Furono imposti rigori e restrizionrsul modo della elezione ; ma non vi fu esclusione per nessuno degli ordini de' cittadini;, né per nessuna fazione, così che i nobili stessi, perpetuamente nemici de'popolani, non rimanevano esclusi da qual si fosse ufficio e dignità. E il Comune pareva procedere sì prosperamente che le altre città, e in ispecie Siena, con qualche modificazione più apparente che sostanziale, imitarono l'ordinamento civile di Firenze, vale a dire stabili-vasi per tutta Toscana la democrazia. Ma non ostante il prosperare di parte Guelfa, impedivano che si consolidasse il popolare governo le perpetue discordie delle nobili, o come le chiamavano, delle grandi famiglie, le quali, potenti di consorti e di clientele, erano sempre con le armi in mano ed empivano di tumulti la terra e il contado: per modo d'esempio, ardevano nuovi odii o vecchi rancori tra gli Adi-mari e i Tornaquinci, tra i Bardi e i Mozzi, tra i Gherardini e i Manieri, tra i Cavalcanti e i Buondelmonti, tra i Visdo-mini e i Falconieri, tra i Bostichi e i Foraboschi. Scissi in co-tal guisa, la loro lotta col popolo tornava inefficace così che non potevano impedire che il comune radicalmente si riformasse — la quale riforma Giovanni Villani chiama creazione del secondo popolo — e contro loro sancisse leggi oltre misura terribili, e sì nello antico che nel moderno tempo dovunque inaudite.
      LIII. Nel verno del 1293, cioè un anno prima che fosse conclusa la pace coi Pisani, Giano della Bolla, il quale sedeva tra'priori delle arti, in una generale ragunanza di popolo, arringando con robusta e calda eloquenza, espose le condizioni dello Stato. Quantunque fosse di nobile schiatta, amando sopra ogni cosa il bene della patria, elesse di provocare la vendetta dei grandi e correre alla propria rovina anziché mancare a ciò che egli reputava debito di magistrato. Era uomo giusto e ardito tanto che le cose da altri abbandonate difendeva, le taciute parlava, ognora parato a imprendere ogni cosa in favore della giustizia contro i colpevoli.1 I
      1 Dino Compagni, Istoria Fiorentina, lil>. I.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina  Immagine

   

Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

Pagina (103/507)






Comune Siena Firenze Toscana Guelfa Adi-mari Tornaquinci Bardi Mozzi Gherardini Manieri Cavalcanti Buondelmonti Visdo-mini Falconieri Bostichi Foraboschi Giovanni Villani Pisani Giano Bolla Stato Compagni Istoria Fiorentina