Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      11*2 STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      ranza de'Neri andò fallita; e il Cardinale d'Acquasparta, pieno di sdegno e di timore, dacché uno di non molto senno gli saettò un dardo contro la finestra, sottopose la città allo interdetto e si partì.
      Corso Donati, rotto il confino, andossene a Roma per provvedere con maggiore effic'acia e sollecitudine: imperocché temeva forte de' Cerchi che senza per anche muoversi minacciavano, come dicevamo, con l'amistà degli Aretini e dei Pisani. La quale amistà non era vera, ma se ne giovavano come d'accorgimento politico per atterrire i nemici, e ingraziarsi con gli altri. In corte trovò l'animo del papa più che disposto alle voglie dei Neri. Ardeva di grandissimo sdegno contro i Bianchi che ricusando l'arbitrato del cardinale, avevano fatto mostra di spregiare l'autorità della Chiesa, alla quale, nonostante, si professavano fedeli. Gli stimolavano l'orgoglio ed inacerbivano l'odio gli Spini e un inistancabile faccendiere detto il Nero Cambi. Ajutavano l'opera Iacopo Gaetani parente del papa e alcuni Colonnesi; onde Bonifacio fece perentoriamente citare Vieri de'Cerchi, al quale, come si fu appresentato al suo cospetto, ingiunse di pacificarsi con Corso Donati; ma il Cerchi rispose non avere bisogno di far pace poiché non era in guerra con nessuno e non faceva contro a parte Guelfa.
      LX. Intanto ai Bianchi confinati fu concesso di rimpatriare, parendo inumanità che si lasciassero consumare sotto il malsano aere di Sarzana. Ne ebbero sdegno i Neri, e raunaronsi in Santa Trinità per deliberare intorno al modo di cacciare i Cerchi e la loro parte. I Bianchi, saputo ciò, stimolavano la Signoria perchè infliggesse ai Neri le pene minacciate dagli ordinamenti della Giustizia ai congiuranti contro la patria. Facendone diligente inquisizione si trovò che il Conte di Bat-tifolle mandava il proprio figliuolo con sue genti; trovaronsi lettere di Simone de' Bardi, trovaronsi altre non dubbie prove della congiura. Il conte Guido e il figlio furono, come rei di tradigione, condannati a grave pena; ma i Signori non ardivano eseguire la giustizia contro i raunati in Santa Trinità, per timore che procurando il bene, non facessero un grandissimo male. E di vero la città tutta era una mina, che una lieve favilla avrebbe potuto incendiare, e nell'ingente scoppio


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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