Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
ste e veridiche parole, accolse le calunnie e deliberò di seguire gli scellerati disegni dei Neri. Entrò in Toscana per la via di Pistoia; ma come fu giunto presso a questa città, dove il reggimento era tutto composto di Bianchi, lo ammonirono di procedere cauto e non entrare, imperocché avrebbe corso pericolo di vita: onde egli presa la via di Fucecchio, San Miniato e Siena, traversando Roma, giunse in Anagni, dove allora teneva sua corte il pontefice. Gol quale e con Carlo di Napoli stabilì ogni cosa spettante alla impresa di Sicilia che fu differita alla primavera dell'anno susseguente. Ricevuti necessarii ammonimenti da Bonifazio, Carlo col titolo di paciere, nell'autunno, si mosse con le sue schiere alla volta di Firenze.
Quivi il dì 15 d'ottobre erano entrati in ufficio i nuovi priori, — fra'quali sedeva anco Dino Compagni —eletti quasi di concordia d'ambedue le parti, uomini non sospetti. 11 popolo minuto ne concepì grande speranza. Sperava medesimamente parte bianca perocché erano uomini dabbene, leali e senza baldanza, e per ultimo rimedio a stabilire la pace avevano volontà di accomunare gli ufflcii. Diversa speranza nutrivano i Neri, pensando poterli agevolmente ingannare per questa stessa bontà d'animo e studio di pace. Difatti appena la Signoria fu entrata in ufficio, i Neri l'andavano spesso a visitare laudandola ed esortandola a provvedimenti di pace e di concordia, profferendo gli averi e le persone per condurre a compimento la santa opera. Con tali inganni cullavano i Signori per addormentarli, e togliere da loro ogni pensiero dei necessarii apparecchi per far fronte ad ogni futuro evento;1 e intanto raccoglievano pecunia, e facevano il deposito di settanta mila fiorini per darli a Carlo di Valois; il quale era già arrivato a Siena dove aveva fatto sosta. Da Siena mandò ambasciatori a Firenze due uomini astuti e disleali e ipocriti. Ap-presentatisi alla Signoria, chiesero di esporre la loro commissione al gran Consiglio. In esso fu loro agevole conoscere gli umori generali, ed accertarsi che la parte che voleva Carlo era maggiore e più baldanzosa di quella che non lo voleva.
1 Dino Compagni, libro II.
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