Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
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STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
empiamente le vituperavano; i pupilli erano rubati delle sostanze, le ricche fanciulle rapite, e per forza costrette a nozze dalle quali esse e i parenti aborrivano. Le accuse erano continue, e chi non si difendeva era, come contumace, condannato nell'avere e nella persona, e chi ubbidiva era costretto a pagare, c di poi, accusato di nuove colpe, veniva senza nessuna pietà cacciato da Firenze. Carlo non perdonò nè anco a coloro che gli si erano mostrati riverenti e devoti; mandava attorno lenoni di pecunia, i quali, presentavansi con ipocrito sembiante ai cittadini, viventi senza sospetto come quelli che non avevano nessuna ragione di temere, e li consigliavano a redimersi pagando danari. Non valeva parentado, non amistà; i notati nella lista di proscrizione dovevano irremissibilmente patire la pena o la taglia. Molte improvvise mutazioni di fortuna si videro, molte apostasie, e d'ogni generazione iniquità innumerevoli. Molti, che dianzi nominati non erano, divennero grandi; chi mostrava maggiore improntitudine a infamare gli onesti era sicuro di salire in alto. Quando fu pressoché colma la misura della scelleraggine, ricorsero a nuovo inganno. Carlo di Valois, condottosi a Roma, domandò danari al papa. Bonifazio gli rispose che se gli era rimasta sete di pecunia non era sua colpa imperocché lo aveva messo nella fonte dell'oro. Carlo, tornato a Firenze, e fatta spargere la voce che alcuni dei Bianchi tenevano trattato con uno de' suoi baroni per farlo uccidere, una notte raunò un consiglio segreto di diciassette cittadini, nel quale si trattò di far prendere certi pretesi colpevoli e decapitarli.1 Quindi nuovi imprigionamenti, nuove condanne, nuovi bandi. Più di seicento persone delle più cospicue famiglie — fra i quali Dante, che era ambasciatore del comune a Roma — furono condannate a una pena di circa ottomila fiorini ciascuna, e cacciate in esilio. E dopo tanto gloriose gesta il prode Carlo di Valois il dì 4 d'aprile del 1302, si partiva da Firenze per andare in Sicilia a coprirsi di nuova infamia e vergogna.
LXIV. Bonifacio godeva di tanta carnificina fatta ad onore e gloria della.Sedia Apostolica, ma anche per lui appressa-
1 Dino Compagni, libro II.
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