Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIB110 SESTO.
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      LXVII. Tanta serie di danni conturbava i cardinali, perfino quegli stessi che andavano della esaltazione loro debitori a Clemente ed a Filippo il Bello ; ma più di tutti no gemeva in cuor suo Niccolò da Prato, il quale poteva chiamarsene prima, ancorché innocente, cagione. Non ostante che il papa e il re lo avessero in gran concetto, egli ad altro non pensava che a trovare rimedio al male fatto; onde è che lottava sperando sempre. E' fu per lui se la corte di Avignone non fece inorridire il mondo cristiano, ardendo le ossa e dichiarando infame la memoria di Bonifacio, siccome rabbiosamente voleva Filippo;'e'fu per lui se il Leone di Francia e l'Aquila imperiale non procedessero congiunti nella famiglia di Valois per fare non mai visto strazio dei popoli e massime della misera Italia.
      Appena fu nota la morte di Alberto d'Austria, Filippo apparecchiavasi ad ingiungere a Clemente V di adoperarsi affinchè Carlo di Valois fosse eletto imperatore. Il Cardinale di Prato vide arrivato il momento di tentare un gran colpo, e con tutti quegli accorgimenti, di cui era solenne maestro, fece al pontefice conoscere lo avvilimento nel quale era caduta la Chiesa, gli narrò come i suoi gloriosi predecessori non obbedissero ai re, ma loro comandassero e li facessero prostrare umiliati dinanzi allo apostolico trono; gli enumerò tutti i mali che erano da temersi ove Filippo potesse governare a suo senno il futuro capo dello impero : gli dimostrò essere insania non cogliere il destro per rendere la imprescrittibile indipendenza alla Chiesa, e rifarla nuovamente veneranda agli occhi dei popoli che fino allora avevano avuto cagione di non temerla e di spregiarla. Clemente si scosse, vinse ogni esitazione, e innanzi che Filippo e Carlo venissero in Avignone, come avevano ordinato, con numerose genti d'arme, per costringerlo, ove egli tentennasse, scrisse secretamente agli elettori faces-
      E, come perche non gli fossp tolta, Vidi di costa a lei dritto un gigante, E baciavansi insieme alenila voita »
      Dante, Purg Canto XXXII.
      Vedi i Commentatori, e in is,iecie Pietro Alighieri, il quale apertamente dichiara che la Meretrice e il Gigante sono simboli della Corte di Piuma e del re di Francia.


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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