Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LlBItO SESTO.
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      per moglie donna che non fosse veneziana. Decretò che nessun cittadino veneto potesse mai servire alcun principe nè in guerra, nè in pace. Vietò a ciascuno di possedere beni territoriali nel continente d'Italia. Così se il nuovo modo d'eleggere toglieva al popolo ogni ingerenza nella creazione del doge, le altre tre leggi tarpavano la soverchia potenza dell' aristocrazia, impedivano che questa cadesse sotto il giogo della oligarchia. Come in tutti i tempi e in tutti gli stati popolari, i principali cittadini in Venezia erano scissi in due partiti. Coloro che vantavano discendenza dagli antichissimi fondatori della città, e gloriavansi di avi già stati nelle più alte magistrature, si reputavano come i veri nobili e astiavano quei grandi, i quali di recente arricchitisi con la mercatura, il traffico, la industria, competevano o avanzavano d'opulenza le vetuste famiglie patrizie. Cotesti, che pochi anni di poi chiamaronsi uomini nuovi, favorivano per utile proprio le libertà popolari e parteggiavano a favore di Giovanni Dandolo. il quale, non ostante la potenza della oligarchia, nel 1280 venne eletto doge con la più stretta osservanza delle nuove prescrizioni rispetto alla elezione, sì che la parto dominante chinò la fronte e si tacque.
      Non però stancossi. Come ne ebbe il destro, propose che nel Gran Consìglio non si ammettessero se non coloro che vi sedevano attualmente, o vi avevano dianzi seduto, o che potevano provare che vi avessero seduto il padre, l'avo o il bisavo loro. Giovanni Dandolo virilmente avversò la legge, e il Gran Consiglio non osando resistere al doge, non l'assentì. Dandolo forse sarebbe riuscito nello intento di rendere al popolo il già tolto, o almeno porlo in condizioni da non ruinare più in basso ; ma i nove anni del suo regno furono pieni di gravissime vicissitudini, massimamente per la vigorosa lotta coi papi. Alla sua morte gli elettori stavansi deliberando intorno alla scelta del nuovo doge, allorquando il popolo si levò a tumulto, e quasi intendesse esercitare l'antico suo diritto, acclamò doge Giacomo Tiepolo, il quale, già pacificatosi con Dandolo, abbandonando parte aristocratica, erasi acquistata bella riputazione fra il popolo. Gli elettori, quasi nulla fosse seguito nella città, si rimasero tranquilli a nominare il doge, secondo


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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