Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      • 1 7tiSTORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      le forme richieste dalla legge ; togliendo come salutare ammonimento quello che essi chiamavano fresco attentato della plebe, dismessero la usanza di creare un doge decrepito, e riconobbero la necessità di scegliere un uomo non fiacco dagli anni, ma franco e animoso. Nominarono quindi Pietro Gradenigo ,che trovavasi in Istria comandante di alcune galere; uomo di antichissima nobiltà, illustre per virtù guerriera, d'indole inflessibile, e oltre misura audace e spregiatore d'ogni pericolo. Giacomo Tiepolo, innanzi che fosse eletto Gradenigo, di notte tempo s'era fuggito, o perchè cesse alla sua pusillanimità, o perchè era d'indole tanto generosa e magnanima da preferire lo esilio ad una guerra civile che avrebbe inevitabilmente lacerata la patria diletta.
      Il partito aristocratico nella elezione di Gradenigo otteneva una gran vittoria, non però trascorse a quegli atti insolenti che per la enormezza loro spesso irritano i vinti ad un improvviso scoppio di furore, e sempre fanno nascere quelle lente e non architettate congiure che riescono ognora fatali a chi le ha provocate.
      Quantunque il doge Gradenigo si trovasse ravvolto in una lunga e disastrosa guerra coi Genovesi, che rompendo i Veneziani a Curzola, minacciavano loro danni maggiorici quelli per la rotta della Meloria inflitti ai Pisani, perseverò nello intendimento di fondare un'aristocrazia ereditaria con più ostinazione e audacia di quanta gli aristocratici stessi eleggendolo avessero sperato. Dopo sette anni di macchinazioni, di tentativi, di esperimenti, fatti senza strepito ma eflìcacis-simi, conseguì lo scopo propostosi. Dapprima fece che fosse riproposta ed approvata la legge già rigettata nel 1-280 sotto Giovanni Dandolo. Indi l'alterò in guisa che il diritto di sedere-nel gran Consiglio diveniva privilegio soltanto di coloro che da quattro anni vi sedevano, privilegio che aveva mestieri di essere convalidato dalla quarantia, alla quale fu data potestà di ballottare ed escludere qualunque de'consiglieri non avesse le condizioni volute dalla legge. Con siffatta legge, evitando la odiosità dei vocaboli, il gran Consiglio veniva dichiarato ereditario, e con quell'atto che negli annali veneti porta il nome di serrata del maggior Consiglio, davasi al su-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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