Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIB110 SESTO.
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      premo tribunale dello Stato, alla quarantia, l'uffizio di purificarlo. In tal modo l'aristocrazia, sotto sembianza di giustizia, studiavasi di spogliarsi di tutti gli elementi che ella riputava stranieri o intrusi nel suo seno. Poco dopo fatto quel gran passo fu decretato che gli uomini nuovi, cioè gl'individui appartenenti alle famiglie che non potevano vantare antichità di sangue, fossero irremissibilmente esclusi dal gran Consiglio. Di tali astutissime trame il popolo non poteva misurare gli effetti; le fila di quelle risalivano a parecchie generazioni anteriori, e si erano venute siffattamente intrecciando che allorché la cittadinanza aperse gli occhi e mirò lo abisso dove ormai era caduta, non fu più tempo di rinsavire; e le frequenti e varie prove per riparare al male, altro non fecero che raffermare 1' aristocrazia veneta, tanto che durò fino alla estinzione della repubblica, e rendere venerando e terribile il nome di patrizio. Quindici anni dopo fu aperto nel Consiglio dei Quaranta un libro, nel quale tutti gli aventi i requisiti voluti dalla legge, come giungevano agli anni diciolto, erano tenuti a farsi scrivere. Quattro anni dipoi agli Avvoga-dori del Comune fu commesso di verificare se i nomi scritti in quel libro avessero tutte le qualità richieste; e ciò fatto, nell' anno stesso con altra legge venne abolita l'annua simulata rinnovazione del gran Consiglio, e decretato che coloro ai quali non mancassero le sopraddette qualità, giunti all'anno ventesimoquinto della età loro, avessero pieno e incontrastabile diritto di farsi scrivere nel libro della nobiltà, detto libro d'oro, per essere senza altra formalità ammessi al gran Consiglio.
      E qui ebbe termine la più lunga, lenta, savia e felice, ma iniqua rivoluzione, di cui resti ricordo negli annali di tutti i popoli del mondo conosciuto. E' fu allora che si ordinò definitivamente ed ebbe legale fondamento quella tenebrosa aristocrazia, inflessibile, superba, sanguinaria, perpetuamente gelosa di se stessa, ma, tranne ne'diritti politici e negli uffìcii e dignità dello stato, benefica verso il popolo, abborrente dal dilapidare il pubblico tesoro, equa nella amministrazione della civile giustizia, generosa verso le Provincie conquistate, promotrice delle arti, de'commerci, dell'agricoltura, venerata


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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