Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIB110 SESTO.
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      Enrico difatti mosse dalla Germania senza quel formidabile apparato di soldatesche, con che solevano sempre scendere i precedenti imperatori, le quali soldatesche, venendo o da amiche o da nemiche nello italico paese, lasciavansi dietro i loro passi la devastazione e la strage. II Lussemburghese era povero e non aveva pecunia da assoldare gente. Il suo esercito, che non giungeva a due mila cavalli, sembrava una scorta d'onore. Benché egli sapesse che non avendo gì' Italiani da tanti anni veduto la faccia di alcuno imperatore, la potenza imperiale era quasi nulla in Italia, credeva che l'autorità loro, il diritto supremo dello erede dei Cesari alla signoria dello antico mondo romano avessero sempre profonde radici nelle menti degli uomini. 1 giureconsulti, in quella età reputatissimi fra tutta la cittadinanza, lo insegnavano, lo inculcavano, lo predicavano diritto divino, imprescrittibile, incontrastabile: onde seguiva che i più democratici fra'Comuni d'Italia, quelli, che aderivano alla Chiesa e odiavano lo imperatore e la parte imperiale con più ferocia che per innanzi i cristiani crociati non aborrissero gì' Infedeli, non pensarono mai di abolire legalmente quel diritto e di asserire la propria autonomia. Dall'altra parte lo imperatore era di buona fede persuaso del proprio diritto divino ad essere obbedito; e però confidando solo in tale diritto e più nell' ufficio di supremo pacificatore de' popoli, che, invocando di continuo la quiete, parevano condannati a non poterla conseguire o conseguita non saperla mantenere, valicava anche egli le Alpi col cuore pieno di speranza.
      Nella state del 1310 giunse a Losanna. Ivi fece sosta per ricevere gli ambasciatori delle città italiane: quasi tutte glie ne mandarono; vi accorrevano i capi di ogni fazione; ed egli cortesemente accoglieva ciascuno; ma invano aspettò i rappresentanti di Firenze, Siena, Lucca, Bologna, le quali non avendo onesta ragione a ricusare un omaggio voluto dal diritto, avevano eletti con le consuete forme gli ambasciatori, che poi non erano lasciati mai sotto varii pretesti partirsi. Nel settembre di queir anno stesso per la via del Monte Ce-nisio egli arrivò in Asti, e fu da quei cittadini con grandi onorificenze accolto e riconosciuto come loro signore. Quivi


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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