Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBRO SESTO.
mancando; la Italia fra il tripudio universale pareva ricomporsi a maravigliosa concordia. Ma la povertà che stringeva il buon principe fu la sorgente di tutti i suoi mali, fu la nuvola che sinistramente intenebrò il futuro. Stretto da presentissimo bisogno, domando alla città un donativo per la sua incoronazione. Ragunatosi il senato, fu proposta la somma di cinquantamila fiorini. Guido della Torre e Matteo Visconti per renderglisi bene affetti cominciarono a contendere sì che fu vinto il partilo di presentare Enrico di centomila fiorini. Il popolo vedendosi aggravato di nuove imposte cominciò a mormorare , e minacciava di venire ai tumulti. Enrico previde il danno, e per ischivarlo impose che Matteo Visconti e Guido della Torre co' loro figli primogeniti e con quarantasei cavalieri tra guelfi e ghibellini lo accompagnassero a Roma. I due capi delle fazioni come si videro delusi nella speranza che ciascuno di loro nutriva d'essere lasciato signore della città, pacificatisi, chiamarono il popolo alle armi. Enrico muove le sue milizie; si appicca la zuffa; allorquando Galeazzo Visconti coi Ghibellini si congiunge ai Tedeschi. La vittoria non fu più dubbia. Le case dei Torriani furono messe a sacco e a fuoco. Matteo Visconti aveva perfidamente colto al laccio il suo rivale che insieme col figlio fu costretto a salvarsi fuggendo.
E fu fatale cotesto subbuglio: parve come la prima favilla che accese un vasto incendio per tutte le terre lombarde. Lodi, Como, Crema, Cremona ribellarono; ma non fecero lunga resistenza , e implorando la clemenza dell' offeso monarca, ottennero il perdono, ma i capi delle fazioni e propriamente i Ghibellini — dacché i Guelfi erano fuggiti — furono severamente puniti di una colpa della quale erano innocenti.
Lo esempio delle altre città persuase i Bresciani a non cedere. Enrico cinse le città di assedio, che durò per tutta la state con gravissimo danno degl' imperiali. L'imperatore che in una delle continue scaramucce aveva perduto il proprio fratello, vedendo riuscire vano ogni sforzo di prendere la terra d'assalto, l'ebbe a patti, e punitala con una crudeltà che a lui scemò credito e lo accrebbe ai suoi nemici, nel mese d'ottobre andò a Genova. I Genovesi che nella solennità della incoronazione non gli avevano voluto giurare fedeltà, adesso
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