Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIB110 SESTO.
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vanni Latorano dai tre cardinali datigli dal papa e da esso deputali a consacrarlo.
Ma con questa solenne cerimonia, che era necessario suggello del suo sacro carattere nella opinione de'popoli, non ebbero fine i suoi disastri. Lo esercito gli assottigliavano le malattie, sì che, non reputandosi sicuro in Roma, si afforzò dentro Tivoli. Ma la Lombardia era tutta in fiamme; Toscana andava facendo formidabili apparecchi. Se il presente era nuvolo, oltre misura orrido e minaccioso appariva il futuro. Senza indugio quindi, ma pur sempre troppo tardi, seguì il consiglio dei buoni e savii uomini che con Dante Alighieri gli andavano dicendo: Cura la inferma Firenze, e la Italia fia salva. — Si mosse in fine alla volta della Toscana. Come i Fiorentini lo seppero giunto ed accolto in Arezzo, fecero uscire le loro milizie per contrastargli il passo all' Ancisa. Ma Enrico forzando quel passo, e correndo il territorio e guastandolo, e bruciandolo, giunse presso alla città, e disperando di sorprenderla come aveva già fatto divisamento, la cinse d'assedio. I Fiorentini, vedendo le forze loro per gli aiuti che tuttodì vi arrivavano dalle città guelfe, essere cotanto superiori a quelle di Enrico, afforzata la porta che metteva direttamente al campo nemico, lasciarono aperte le altre come a schernire l'aggressore, non chiusero le botteghe, vacavano alle consuete occupazioni della vita, e in tal guisa senza rischiarsi a cacciare con improvviso assalto l'inimico, lasciavano che guastasse i loro amenissimi campi, finché, stancatolo con tanta inerzia, egli nel gennaio del susseguente anno 1313 se ne andò a Pisa.
Quivi dette ai popoli uno spettacolo non più veduto dai tempi di Federigo Barbarossa in poi. Vi chiamò i più celebri giureconsulti, ed erettovi un tribunale, intimò a presentar-visi tutte le città ribelli. Profferì sentenza di crimenlese contro lo sleale Roberto di Napoli e lo dichiarò decaduto dal trono. Ma che potevano cosiffatte solenni condannagioni altro destare se non ischerno nel cuore di popoli che da settanta e più anni, non avendo veduto aspetto d'imperatori, avevano imparato a spregiare e deridere la potestà imperiale ? La deposizione del re di Napoli invece gli fu di gravissimo detri-
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