Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      • 1 7ti STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      tire gli Ordinamenti della Giustizia dianzi resi più vigorosi contro loro, lasciarono il campo e armata mano presentaronsi alle mura di Firenze per godere i beneficii del richiamo. La Signoria si credè tradita, chiuse loro le porte, e spedi messi al conte Guido Novello capitano dello esercito che era in Fu-cecchio, perchè ritornasse a difendere la patria; e in tal guisa Castruccio fu lasciato senza altra molestia.
      X. I priori verso il cadere di quell'anno 1323, per togliere ogni pretesto ai tumulti popolari che solevano seguire nelle bimestrali elezioni, riformarono il modo di condurle, così che ogni tre anni e mezzo si creasse una nuova balia per faro una scelta di nomi da diverse liste presentate dai priori, dai gonfalonieri delle compagnie, da'capitani di parte guelfa, dai giudici del commercio, e dai consoli delle arti, magistrature che rappresentavano i diversi ordini della cittadinanza. I nomi scelti s'imborsavano, e da essi traevansi a sorte quelli che dovevano comporre il reggimento, e che rimanevano due mesi in ufficio. Con tale ordinamento tutti i cittadini in alcun modo notevoli erano sicuri di sedere al governo dello stato o prima o poi secondo che ve li chiamasse la sorte.
      Firenze, temendo sempre nuove aggressioni da Castruccio, attese a congiungersi più strettamente con le città guelfe per comune salvezza. Ma Perugia trovavasi involta in una guerra con alcune terre vicine. In Bologna era seguita una insurrezione di scolari, che trasportarono a Siena la università degli studii, la quale, essendo composta di molte migliaia d'individui , era considerata non solo come insigne decoro del Comune, ma come fonte di prosperità e di ricchezza. Nè, perchè questo litigio si componesse e finisse col ritorno dell'università all'antica sua sede, il Comune ottenne la pace. Turbavala Romeo de' Pepoli che ambiva a farsi tiranno della sua patria, e scoperto e bandito, non rifiniva di tramare a' danni di quella coi signori di Mantova, di Verona e di Ferrara. I quali vedendo di mal occhio il prosperare della democrazia, salutavano lieti e sostenevano con le forze loro tutti quegli ambiziosi cittadini che osassero darsi alla iniqua impresa di fondare nuovi principati sulle cruente rovine della libertà. Simili a un dipresso erano le condizioni degli altri


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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