Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIBKO SETTIMO.
XVI. Giovanni vide improvvisamente addensarsi sopra il suo capo una nuvola minacciosa di sciagure, ma era uomo da non isgomentarsene, e come per magia disfarla e dissiparla. Lasciato il suo figlio Carlo in Italia, corse in Germania, placò e mansuefece tutti; poi andò in Francia, ed al re Filippo IV congiunse in matrimonio Gutha sua figlia, giovinetta di bellissimi sembianti. Col papa procede più spedito, dandogli ferma promessa di fare un ricco e grande stato al cardinale del Poggetto; e perchè nelle parole del re di Boemia era da fidare, Giovanni XXII promise di favorirlo. Ma tanta destrezza nel dipanare una matassa stranamente arruffata, non aveva sciolto la lega italiana, che ormai dovè confidare nelle sole sue forze. I collegati innanzi di cominciare le ostilità stabilirono i patti, i quali mostrano che i Fiorentini ad altro non pensavano che a formare e consolidare in Italia quel sistema che poscia i pubblicisti chiamarono equilibrio politico: ed era in allora l'unico espediente per serbare incolume la sacra libertà popolare, dacché il concetto d'unificare la Italia era diventato impossibile.
Il segno della lotta fu dato da Pavia, la quale, comecché non fosse nominatamente compresa nella lega, insorse e cacciò il presidio tedesco e riconobbe uno de' Beccheria signore del comune sotto il protettorato di Azzo Visconti. Nel Moda-nese e nel Reggiano le milizie alemanne sotto il comando di Carlo ebbero miglior fortuna. Giovanni, saputa la nuova della guerra, si mosse da Francia verso la Italia con una forte schiera di cavalieri francesi. Nel tempo stesso tutta Romagna era a soqquadro. Il Boemo e il cardinale vicendevolmente so-spettavansi. Questi minacciava; quei fu costretto ad allontanarsi da Bologna, e corse a Parma, poi a Lucca; si avvide che la impresa era irreparabilmente rovinata. E prima di rivarcare le Alpi, seguendo il vigliacco costume d'ogni straniero che scenda fra noi col giuramento di proteggere i popoli, mise in vendita le città; e difatti ne diede a prezzo parecchie ad alcuni nobili ch'ei fece principi; e a mezzo l'ottobre del 1333 si partì e andò a Parigi per godervi i piaceri della corte.
XVII. Firenze, che così felicemente seppe sottrarsi al fla-
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