Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
• 1 7ti STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
1 popoli da lui con moderazione governati, lo amavano ed erano satisfatti della prosperità che egli faceva loro godere. Una nuova e inaspettata aggressione che poteva tornargli fatale, lo inalzò anche a maggiore stato. La lega, mentre ardeva la guerra nella Marca Trivigiana, aveva assoldato una compagnia di Tedeschi, la quale, dopo fatta la pace, non si era voluta disciogliere secondo che costumavano dianzi le milizie mercenarie, sotto pretesto di non so che rifacimento di danno teneva in possesso i sobborghi di Vicenza, e minacciava gli alleati. Mastino della scala, tuttoché si fosse pacificato con Azzo Visconti, l'odiava per essersi arricchito delle sue spoglie. In Verona egli aveva dato asilo a Lodrisio Visconti, bandito da Milano per avere due volte congiurato contro Galeazzo. Lo Scaligero adunque per liberarsi dalle molestie degli stranieri che in numero di duemila e cinquecento cavalli e assai pedoni, facevansi chiamare la Compagnia di San Giorgio, persuase Lodrisio ad incitarli perchè portassero la guerra nel milanese, e la facessero per conto e vantaggio loro. Gli stranieri predoni, che non potevano più patire il riposo, accettarono lo invito, e fecero loro capitani lo stesso Lodrisio e un tedesco chiamato Rinaldo di liives, e nel febbraio del 1330 varcarono l'Adige.
Azzo, non potendo farsi incontro da sè allo esercito ne-* mico, vi spedì Luchino suo zio, uomo accorto e valoroso. Vennero a battaglia presso Parabiago ; la fortuna in sulle prime mostravasi propizia a Lodrisio; lo stesso Luchino fu fatto prigione, ma fu liberato da una mano di cavalieri savoiardi; e lo esercito de'Visconti riportò in un solo giorno cinque vittorie e disfece spietatamente gli avventurieri non senza grave perdita de'suoi. Una guerra sì felicemente incominciata e finita in venti giorni fu celebrata non che in Italia in tutta Europa, ed Azzo venne in fama di grandissimo principe; ma poco potò godere di tanta grandezza poiché in meno di sei mesi dopo, cioè nello agosto del 1330 cessò di vivere nel trentasettesimo anno dell'età sua. Essendo ei privo di figli, i nobili e il popolo chiamarono a succedergli Giovanni e Luchino suoi zii; il primo de'quali lasciò la signoria al fratello, e ottenne la investitura dell'arcivescovato di Milano negatagli sempre da
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