Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIBItO SETTIMO.
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      porlo; trattarono cioè con Ludovico il Bavaro —quel desso, da loro, pochi anni indietro, avversato e schernito — il quale promise di condurre un esercito in loro soccorso. Ma perchè tali pratiche erano rimaste prive d'effetto, dettero il comando della nuova oste a Malatesta di Rimini, che nel marzo del 1342 si spinse sul territorio lucchese. Comandava l'oste pisana Nolfo di Montefeltro parente di Malatesta; entrambi valorosi, entrambi espertissimi in tutte le astuzie della guerra, non clic negli accorgimenti della politica. Invano per due mesi studiarono d'ingannarsi vicendevolmente, e corrompere gli ausiliarii e i mercenarii tedeschi, finché il capitano de' Fiorentini, disperando di vincere i Pisani e non potendo più lungamente sostenersi, perocché costoro gli avevano impedito il trasporto delle vettovaglie, retrocesse verso Firenze. Il che veduto, Giovanni de'Medici che governava Lucca, e temendo di capitar male, venne a patti, e nel luglio dello stesso anno la dòtte in mano ai Pisani.
      XXI. Il ritorno dello esercito o la irreparabile perdita di Lucca destarono universale e fortissimo malcontento in Firenze. Accusavano d' inesperienza e viltà il capitano, d'infingardaggine l'ufficio della guerra — ufficio pochi anni innanzi creato— d'insania i signori, che nelle cose della guerra, a cagione del predetto ufficio, avevano autorità poca o nessuna. Continuo il mormorare, continue le minacce, ad ogni istante temevasi il tremendo scoppio d'un tumulto. Ma cotanti sinistri umori così cumulati, non che provvedere a quello che estimavasi pubblico disastro, indussero il popolo ad uno di quegli atti di demenza che persuasero i savii — vedendoli spesso ripetuti — a chiamare la plebe, belva dai molti capi. Fra' guerrieri accorsi al campo fiorentino era un Gualtieri di Brenna Duca d'Atene. I Fiorentini lo conoscevano da parecchi anni, lo stimavano valorosissimo in armi, e lo veneravano, quantunque la deformità della persona e i costumi rotti ad ogni eccesso lo rendessero spregevolissima ed abominevole creatura. Non era in credito di ricchezze, dacché aveva fino dal 1312 perduto i suoi beni in Grecia, ed altro non rimane-vagli che il ducato di Lecce in Puglia. Ma perchè era bene affetto al re di Napoli e a quello di Francia, e perchè in varieStovia dei Comuni italiani. — 2. 16


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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