Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      • 1 7tiSTORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      flole tolta la voluttà de'tumulti nelle pubbliche ragunanze. Pose nuovi balzelli, fraudò i creditori dello Stato, accrebbe le imposte territoriali, moltiplicò le gabelle, e usava tutte le possibili estorsioni per accumulare tesori ch'egli mandava in Francia o in Puglia. A tante enormczze póneva il colmo lo irrefrenato vivere di lui e de'suoi, i quali impudentemente vituperavano l'onore delle famiglie; e chi osava muoverne lamento veniva sottoposto a inumano strazio.
      E' pareva impossibile che un tanto infame governo avesse a durare parecchi mesi in Firenze. Nondimeno il popolo più libero che fosse allora in Italia non era ancora maturo per la servitù. La tirannide invano ingegnavasi ad afforzarsi, ogni nuovo passo era un correre alla rovina. Coloro stessi che avevano cooperato a inalzare il Duca d'Atene trovaronsi tosto amaramente disillusi nelle loro speranze. La signoria d'un solo cominciò a pungere aspramente anco le anime corrotte. Nello spazio di pochi mesi in tutti gli ordini della cittadinanza nacque, crebbe e maturò il pensiero di scuotere il vergognoso e insopportabile giogo. Fra le molte congiure che si fecero, tre furono le più notevoli. Di una era capo il Vescovo della città; della seconda i Donati e i Pazzi; la terza ordivano Antonio degli Adimari e i suoi consorti. Nessuna sapeva delle altre; ciascuna proponevasi una via diversa per cogliere il tiranno; tutte aspettavano con ardore il momento opportuno,' quando con immenso stupore della città il Duca fece prendere e imprigionare Antonio degli Adimari, e voleva farlo morire. Ma la pubblica costernazione, il fremito universale gli mostrarono la cosa essere più grave di quello che egli aveva potuto intendere dalle parole strappate con la tortura ad uno de'congiurati. Avendo chiesto aiuti al tiranno di Bologna, e sapendo che i Bolognesi s'erano mossi alla volta di Firenze, intimò a trecento de'più spettabili cittadini di trovarsi pel dì 26 di luglio in palazzo dicendo volersi con essi consigliare intorno a gravissimi affari di Stato. Era suo intendimento farli tutti trucidare dai suoi Borgognoni ai quali aveva promesso il saccheggio della città. Gl'invitati tremarono, pensando d'essere stati scoperti; onde, deliberati di non andare, afforzaronsi d'armi e di gente, giusta l'antica costumanza, nelle proprie


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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