Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
'188
STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
ingrossandosi di nuovi arrivali, entrò nel territorio sanese commettendovi atrocità maggiori di quelle che la fama attribuiva ai seguaci di Attila e di Totila. La gente del contado accorreva spaventata a Siena, e la Signoria che non aveva modo di far fronte a quei predoni, assentì alla domanda di Guarnieri che prometteva di andarsene, a patto che gli venisse pagala la somma di dodicimila fiorini. Eseguita la convenzione, la schiera de' ladroni si gettò prima sul patrimonio di San Pietro, poi nella Romagna saccheggiando, bruciando terre e campagne, e imponendo taglie. Le città della Romagna erano a quei tempi dominate da tirannucci che odiavansi tra loro e in tutte le guise si osteggiavano; e quindi invece di collegarsi a comune difesa, alcuno di loro non abborrì dalla infamia di chiamare in soccorso que'ladroni stranieri, i quali senza il più lieve rispetto di chi li aveva invitati e pagati, mettevano a ruba e a fuoco anco le terre che essi avevano promesso di difendere.
Mentre Guarnieri conduceva le sue masnade verso i confini del Bolognese, i Beceadelli e i Gozzadini capi della parte popolare, Io invitarono a liberare Bologna dalla tirannide di Taddeo Pepoli, promettendogli in rimunerazione quante ricchezze sapesse desiderare maggiori. Ma in tanto che patteggiavano gli giunsero le profferta di Taddeo, e Guarnieri acconsentì di uscire dal territorio di Bologna dopo d'avere ri-vuto sessantamila lire, e si ripiegò su quello di Modena. E parendogli d'avere rubato troppo, persuase la sua schiera a tornare in Germania per godersi in pace la pingue preda. Ma non era si agevole traversare le contrade lombarde, imperciocché i potentissimi signori che vi dominavano avevano già fatto formidabili apparecchi per incontrarlo, e non era ancora spenta la memoria degli avventurieri distrutti a Parabiago. Nondimeno senza venire alle mani, i principi lombardi patteggiarono il pacifico passaggio di Guarnieri, il quale per una grossa somma di pecunia, divisi i suoi in piccole bande, li condusse di là dai monti.
XXIV. Infrattanto che la Italia era così miseramente sconvolta, e per la successione della regina Giovanna al trono di Roberto di Angiò, nuove complicanze nascevano che a nuovi
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