Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIUIIO SETTIMO.
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      stranieri disserravano le porte delle nostre contrade, maggiori ed assai diversi travagli agitavano la Francia e la Germania. Le quali perturbazioni porgevano il destro a qualche animoso Italiano di fare stranissime novità, che non ostante avessero tutti gli elementi del ridicolo, colpirono di stupore e d'ammirazione la intera Europa.
      Se, stanziarne in Roma il sommo pontefice, i nobili romani avevano sdegnato ogni freno di leggi umane o divine, come la santa Sede fu trasferita in Avignone, abbandonaronsi alle più nefande immanità. Prettamente nominale l'autorità dello imperiale prefetto, illusoria quella del senatore; imperocché i papi che se n' erano arrogata la elezione sempre solevano concederla al capo di qualche nobile famiglia, il quale lasciava impunite le scelleratezze de' suoi confratelli. Ardevano quindi più che mai sanguinose le contese tra i Colonnesi e gli Orsini; la cittadinanza tutta, gli stessi sacerdoti aderivano chi a questa chi a quella fazione; Roma, in somma, e il circostante territorio, al dire de'cronisti di quei tempi, brulicavano di ladroni e di omicidi, nè il viandante poteva senza gravissimo pericolo rischiarsi a traversare quei luoghi.
      Allorquando nel 1342 per la morte di Benedetto XII, fu eletto Clemente VI, i Romani gli mandarono un'ambasceria supplicandolo riconducesse la corte pontificia a Roma. Uno degli ambasciatori era Cola di Rienzo, il quale si rese tanto notevole per la sua erudizione e facondia, che Clemente lo fece notajo apostolico; dandogli a un tempo lo incarico di annunciare il giubileo pel 1350.
      Questo Cola era nato da un Lorenzo taverniere. Ed essendo fornito di non comune ingegno, abborrì dallo abbietto mestiere del padre, e si dedicò agli studii. Cominciava in quella età a manifestarsi queir entusiasmo per l'antica Roma, il quale nel susseguente secolo divenne vera frenesia. Datosi Cola a investigare gli uomini e le cose de' vetusti tempi della patria, nessuno al pari di lui sapeva raccontarne le storie, leggere e interpretare le vecchie epigrafi, magnificare la romana grandezza, destare ne' cuori di tutti la venerazione e lo affetto per la caduta regina delle nazioni. Vedendo la giustizia violata e calpesta dai figli degeneri di quegli illustri otti-


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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