Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici
LIUIIO SETTIMO.
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zo VI, il cui primo pensiero fu quello di riconquistare le terre rapite alla Chiesa dai tiranni, che come in loro stagione sorgevano rigogliosi dalle rovine della libertà popolare. La città di Roma anche essa, dopo che i nobili avevano ricuperata la potenza loro, era caduta in peggiori condizioni ; e la corte papale non poteva mandarvi un legato senza esporlo a gravissimi insulti e pericoli. Era nel sacro Collegio uno Spa-gnuolo, detto Egidio d'Albornoz. Mentre era giovanissimo ed arcivescovo di Toledo aveva strenuamente guerreggiato contro i Mori di Spagna ; da Alfonso XI re di Castiglia era stato armato cavaliere, e alla morte di lui s'era recato alla corte pontificia dove Clemente VI lo aveva fatto cardinale. Era uomo animoso, ed espertissimo nelle cose militari e nelle civili. A lui quindi il nuovo papa commise la impresa di rialzare 1' autorità della santa Sede negli stati della Chiesa. Ed Egidio d'Albornoz con insigne sagacia conobbe che nessuno poteva essergli utile strumento al pari di Cola di Rienzo. Lo trasse quindi dalle prigioni e seco lo condusse in Italia.
I Romani intanto, non potendo più patire le accresciute insolenze dei nobili, levatisi più volte a tumulto, ne avevano ucciso alcuni, ed avevano creato un nuovo tribuno, chiamato Francesco Baroncelli, notaio del senato. E non senza vigoria e con satisfazione del popolo questi reggeva la città, allorché il Cardinale legato e il tribuno entrarono nel territorio pontificio. Come ne giunse la nuova, i Romani in folla corsero a incontrare il loro antico protettore, e con lacrime di gioia e assicuranze di affetto lo invitavano a tornare a Roma sua che
10 invocava. Il Cardinale in prima non consenti che il tribuno andasse in Roma, temendo non riducesse le cose in peggiore stato che non erano ; ma come i tiranni delle città dèlia Chiesa cominciarono a cedere, conferitagli la dignità senatoria, secondo la volontà del papa che lo aveva fatto nobile e cavaliere, lo lasciò partire. In Roma fu ricevuto con gran giubilo; ma la esperienza delle corse vicissitudini era nulla per lui. Dallo esilio egli recava seco tutte le antiche stravaganze, e una durezza di cuore che lo rendeva crudele. Il popolo ne fremeva; e nell'ottobre del 135i levatosi a tumulto, assediò
11 Campidoglio e appiccò fuoco al palazzo dove si era rin-
Storia dei Comuni italiani. — 2. 17
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