Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      LIUIIO SETTIMO.
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      dissuadere i Veneziani da una guerra che il Visconti essendo signore di Genova non poteva evitare; invano si studiò di ritardare la discesa di Carlo : nell' anno 1354 fini di vivere lasciando eredi della sua potenza i nepoti, Matteo, Bernabò e Galeazzo.
      Carlo di Boemia nell' autunno dello stesso anno era arrivato in Udine accompagnato da trecento cavalieri, montati sopra ronzini e senza veruno aspetto guerresco. La qual cosa scuorò coloro che speravano nelle armi di lui per essere o raffermi nella signoria o liberati de' loro nemici. I Visconti eh' egli aveva indotti a concludere una tregua coi Veneziani sconfitti a Porto Longo dallo ammiraglio genovese, lo riceverono con regale magnificenza. Per intimorirlo chiamarono dalle varie città loro seimila cavalli e diecimila pedoni, facendoli più volte passare sotto le finestre dell'imperatore quasi volessero fargli onoranza. Nel dì della epifania del 1355 cinse la corona ferrea in Santo Ambrogio. Uscito incolume dalle mani dei Visconti, si avviò verso la Toscana e si fermò in Pisa, dove poco dopo arrivarono a complirlo e a tratiare con lui gli ambasciatori de' Fiorentini, i quali dovevano pagare centomila fiorini, e Carlo obbligavasi assolverli dalle condanne contro loro già pronunciate da Enrico VII, ristabilirli nel pieno godimento de' loro diritti, dare al popolo autorità di governarsi co' proprii statuti purché non ledessero le leggi imperiali ; concesse al gonfaloniere di giustizia e ai priori il titolo di imperiali vicarii, e promise a un tempo di non entrare nè in Firenze nò in alcuna città del fiorentino territorio. Erano onorevolissimi patti, e pure letti in consiglio produssero un commovimento che, quasi fosse pubblica sciagura, richiamò le lacrime sulle ciglia di tutti gli astanti. 1 Fiorentini più che ogni altra cosa terrena amavano la libertà, e dopo il consolidamento della parte guelfa ne erano diventati estremamente gelosi ; nulladimeno per inesplicabile stranezza, mentre non volevano che alcuna potestà umana s'immischiasse nelle cose loro, non ardivano francamente e nettamente asserire la propria indipendenza negando l'autorità che arroga-vansi gl'imperatori germanici. Inesplicabile stranezza, io diceva, ammettere il vocabolo e negare la cosa pel vocabolo


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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