Storia dei comuni italiani di Paolo Emiliani-Giudici

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      '200
      STORIA DEI COMUNI ITALIANI.
      porte. Jacopo, dopo d'avere denunziata questa congiura al popolo, intimò ai due fratelli Beccaria d' uscire dalla città e dal territorio pavese. I tiranni obbedirono e posero nelle mani dei Visconti tutti i castelli da loro posseduti nel territorio del Comune, mentre che alcuni loro satelliti studiavansi di mandare ad esecuzione la trama che essi non avevano potuto compiere. Ma il frate facendo a dodici di costoro mozzare il capo come a traditori della patria, atterrì chiunque avesse in animo di cospirare cogl' inimici di quella.
      I Visconti erano in cotante brighe, dovevano far fronte a tanti nemici, che per allora non poterono rivolgere tutte le forze loro contro Pavia. Stanchi delle perdite fatte, intercedente Feltrino Gonzaga di Mantova, nel maggio del 1358, ottennero la pace. Ma nò il marchese di Monferrato rese Asti, come s'era convenutole i Visconti si ritrassero dalla impresa di Pavia. Sebbene la lega si fosse disciolta, la guerra continuò in Lombardia; e i Visconti cinsero nuovamente d'assedio i Pavesi. Al rinascere del pericolo, Jacopo ricominciò le sue ferventi prediche, e un giorno incitò il popolo ad atterrare il palazzo dei tiranni; e perchè il pubblico tesoro difettava di pecunia, esortò i cittadini a dare ogni cosa per la salvezza della patria. Perfino le donne deposero le vesti pompose e le gioje, le quali furono mandate a vendere in Venezia.
      Finché il marchese di Monferrato, le cui milizie in certo modo erano al soldo dei Pavesi, potè soccorrerla, Pavia resisteva intrepida alle poderose forze dei Visconti. Ma il marchese, costretto a difendere i propri stati dalle depredazioni dei venturieri che sotto il nome di Grande Compagnia erano condotti dal conte Landò, e dianzi militando a favore di Pavia, adesso erano passati al soldo de'Visconti, dovette allontanarsi. Per la qual cosa frate Jacopo conobbe la necessità di venire a patti coi Visconti. Stipulò a favore della libertà del Comune, a favore de'Guelfi da lui invitati, ma non chiese condizioni in suo vantaggio, nè anco un salvocondotto. E fu stravaganza d'eroismo, o inutile sacrificio. Galeazzo, cui non dava impaccio nè il promettere nè il giurare, accettò i patti, ch'egli, come entrò in città e fu in possesso de' luoghi fortificati, dichiarò nulli: bandì i Guelfi, condusse seco il frate demagogo


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Storia dei comuni italiani
Volume Secondo
di Paolo Emiliani-Giudici
Felice Le Monnier Firenze
1866 pagine 506

   

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